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OPINIONE

Un siluro alla vanità

di Mario Sechigiovedì 4 dicembre 2025
Un siluro alla vanità

2' di lettura

La vanità si manifesta in tanti modi, nell’uomo di potere è sempre l’eccesso non di pensiero ma di esposizione, quasi sempre del nulla. L’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone è certamente un marinaio capace, forse persino uno stratega, ma non della comunicazione, dunque nel suo caso le raccomandazioni sono due: il silenzio o il cambio di destinazione d’uso.

Le sue parole sugli attacchi preventivi alla Russia hanno innescato un’impasse nella diplomazia perché Vladimir Putin ha approfittato della strambata non controllata del Cavo Dragone per alzare il prezzo del negoziato con Stati Uniti e Ucraina.

Giorgia Meloni ha rimesso sulla linea di galleggiamento la nave europea che batte la bandiera Nato, rassicurato gli italiani e ribadito i tre pilastri della partita che giochiamo a Kiev: il perimetro (l’Ucraina), il limite (la Costituzione), lo scopo (aprire il tavolo della pace). Il ruolo di Palazzo Chigi è il punto d’equilibrio, l’unico possibile, per l’Europa. Non ce ne sono altri, non ci può essere una guerra con una potenza nucleare (perché non la vince nessuno), non può sfuggire di mano un conflitto non-finito da 1349 giorni, non ci sono spazi per l’invio di truppe in Ucraina.

Va ribadito che la Russia è il Paese aggressore, che il suo tentativo di espandere il conflitto va fermato, ma per farlo serve una raffinatezza strategica che non è quella di un militare che fa giochi di guerra teorici e inquieta l’opinione pubblica. I russi non annunciano le loro operazioni di sabotaggio, le fanno (e le negano). Winston Churchill durante la Seconda guerra mondiale convocò il capo della Marina e gli chiese quanti sommergibili tedeschi aveva affondato. Sentito il numero, scosse la testa con disapprovazione e disse: «Io nei miei discorsi in Parlamento ne ho affondati di più».