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Maurizio Landini, il piano kamikaze: vuole rubare il posto a Giorgia Meloni

di Francesco Damatovenerdì 12 dicembre 2025
Maurizio Landini, il piano kamikaze: vuole rubare il posto a Giorgia Meloni

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Nella sua doppia veste, rispettivamente ufficiale e ufficiosa, di segretario generale della Cgil e di possibile concorrente alla corsa a capo, o quant’altro, della pur futuribile alternativa al governo, Maurizio Landini ha aggiunto un’altra motivazione allo sciopero generale della sua Cgil parlandone in una intervista a Repubblica. O una motivazione più generale che comprende o sovrastale altre: legge di bilancio, salari, mancato ricorso alla tassa patrimoniale e tutto il resto.

Tutto dipende secondo Landini- che il compianto Giampaolo Pansa avrebbe chiamato il nuovo parolaio rosso, dopo il Fausto Bertinotti dei suoi tempi dalla “economia di guerra”, testuale, nella quale l’odiato governo della Meloni avrebbe infilato l’Italia per correre appresso, presumibilmente, insieme o a giorni alterni, al presidente americano Donald Trump, acquistandone gas, armi e quant’altro, e ai vertici dell’Unione Europea, costretti un po’ dallo stesso Trump e un po’ da un ingordo Putin al “riarmo”. Parola, questa, usata dalla presidente della Commissione di Bruxelles per intitolare tanto di programma proposto al Parlamento europeo, poi rimossa per pudore, diciamo così, ma rimasta nell’immaginario collettivo e nel linguaggio corrente del dibattito, confronto, scontro politico, chiamatelo come volete.

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Per fortuna, pur nella confusione che si fa anche a livello scientifico o accademico fra Costituzione scritta e Costituzione materiale, prodotta cioè dagli abusi o dalle storture vecchie e recenti, fra prima e cosiddetta seconda Repubblica, se non vogliamo spingerci sino alla quarta di certe trasmissioni televisive, la politica estera e di difesa del governo, anzi dell’Italia, o della Nazione, come preferisce dire la premier, non va negoziata con i sindacati. A cominciare dalla Cgil di cui Landini è orgoglioso per i cinque milioni di tesserate o tesserati che lo ripagano della solitudine nella quale si trova negli scioperi generali senza la Cisl e la Uil. Milioni ai quali, vedrete, prima o poi Landini cercherà di aggiungere, esonerandoli dalla iscrizione formale, anche quelli che, sempre più numerosi, disertano le urne ad ogni livello elettorale. Ci aveva già provato a suo tempo, con numeri ben diversi, cioè minori, la buonanima di Marco Pannella. Ma almeno lui era un leader politico, non il segretario di un sindacato.

Alla politica estera del governo o, più in generale, dell’Italia basta e avanza, anche in assenza della condizione bipartisan che sarebbe certo preferibile, per carità, il supporto del presidente della Repubblica che per dettato costituzionale dell’articolo 87 “è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale”; “accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratificai trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Camere”; “ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituto secondo la legge; dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere”.

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Nella fattispecie politica dell’”economia di guerra” lamentata o denunciata, con tutte le sue conseguenze restrittive sulla spesa cosiddetta sociale, Landini non si è accorto e non si accorge di trascinare anche il presidente della Repubblica, da tempo peraltro nel mirino per ora solo verbale, non armato o solo cibernetico, del Cremlino e dintorni per la sua convinzione consolidata e ripetuta, ogni volta che ne ha l’occasione, che della guerra in Ucraina, e di tutto ciò che ne consegue, la responsabilità sia tutta della Russia.

Il Presidente della Repubblica, caro il mio o nostro Landini, è questo. E non solo quello cui il segretario generale della Cgil ha riconosciuto il merito di avere “ragione”, sino immaginarne quasi il patrocinio per il suo sciopero generale, in materia di “emergenza salariale” per i compensi spesso ben al di sotto del livello “dignitoso” ricavabile dall’articolo 36 della Costituzione. Giù le mani, per favore, dal Capo dello Stato.

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