Il problema è Elly Schlein, non Giuseppe Conte. Il Pd, ma solo una parte attenzione, c’è rimasto male per le parole del leader di M5S ad Atreju. E così ieri, più che il giorno della consacrazione della segretaria a leader della coalizione, obiettivo fallito al punto che si sono registrati vistosi passi indietro anche nella saldezza della sua guida del partito, è stato uno dei non rari giorni di rissa a sinistra. La segretaria dem ha contraddetto il suo alleato pentastellato: «La coalizione della sinistra è nei fatti, la vogliono gli elettori», ha replicato all’avvocato del popolo. L’ha messa sul piano dogmatico, al dna non si comanda: «L’unità è un dovere», e pare ritornato il Cominter. «Voglio ricordare a Conte che in un’alleanza serve rispetto da tutti i partiti, non solo da noi, che siamo abituati» ha rincarato la dose il capogruppo dem in Senato, Francesco Boccia. E poi la solita richiesta di casa nel Pd degli offesi: chiedete scusa. Niente da fare, gli assenti hanno sempre torto. In casa di Giorgia Meloni, l’ex premier ha approfittato del palco tutto suo per essere caustico e sibillino. Non siamo alleati di nessuno, neppure delle forze progressiste; siamo pronti a confrontarci ma solo dopo aver costruito un programma condiviso: questo il messaggio di Giuseppi scaricato sabato sulla “sedia vuota” lasciata da Elly, che non ha voluto confrontarsi con lui perché si ritiene la sola alternativa a Giorgia. Ed è questa la miccia che ha fatto saltare, ancora una volta, i nervi alla segretaria, nel giorno della sua festa.
L’essere “testardamente unitaria” di Schlein somiglia sempre più a un ottusamente unitaria. E anche sull’unitario ci sarebbe da ridire, perché la concezione di unitarietà della segretaria ricorda quella del marchese del Grillo: io sono io, e voi venite dietro. Conte non ci sta. I sondaggi dicono che perfino molti elettori del Pd lo preferirebbero come candidato premier e lui ci crede. Il modello che ha in testa è quello di Bettino Craxi, che con meno del 15% dei consensi è riuscito piuttosto a lungo a essere il padrone d’Italia. Il grillino parte proprio dal 15% e spiccioli ottenuto alle Politiche del 2022, è già in campagna elettorale, sogna di aumentarlo per poter pesare di più e persegue la sola strada che ritiene utile allo scopo: distinguersi dal Pd e dalla sua leadership, che è poi da sempre la via unica del successo per i pentastellati. Il piano è chiaro. Si attende una riforma elettorale in senso proporzionale con abolizione dei collegi nominali e premio di maggioranza alla coalizione vincente, a patto che superi una certa soglia, probabilmente il 40%. A questo punto, nessuno è più obbligato a barattare poltrone sicure con gli alleati, si va al tutti contro tutti, alla sfida per prendere più voti, anche all’interno dei due schieramenti. A centrodestra è tutto chiaro, da sempre: se si vince, il leader del partito che prende più voti fa il premier. A centrosinistra invece è un caos, come al solito.
Giuseppe Conte, irritazione dal Pd per l'intervento ad Atreju: "Fino a ieri..."
Elly Schlein tiene fede al mantra del 'testardamente unitari' e davanti all'assemblea nazionale Pd sorvola s...Conte non si illude di prendere più voti del Pd. Però sa che di Pd ce ne sono tanti, e su questo conta. Schlein ha una conduzione solitaria e autoritaria del partito, il che le ha risparmiato qualche seccatura ma le ha creato nemici, o quantomeno diffidenti. Non sono solo i riformisti, quelli non più controllati da Stefano Bonaccini, i vari Pina Picierno, Lorenzo Guerini, Lia Quartapelle, Giorgio Gori, a non tifare perché Elly sieda a Palazzo Chigi. Anche nel corpaccione della sinistra rossa di potere ma non movimentista, quella identificabile con Goffredo Bettini e fan, in tanti non la vogliono. Mentre però i progressisti orfani di Matteo Renzi non hanno un’alternativa, o comunque disperano di poterla far pesare, i trinariciuti hanno un piano B solido, e coincide con il piano A di Giuseppi. È così, quelli della sinistra dem sono cani da tartufo del potere, ne conoscono leggi ed equilibri. Sanno benissimo che, se l’avvocato torna a fare il premier, poi si acquieta, è felice e munifico di poltrone, anche perché tra i suoi ha fatto piazza pulita e i nomi spendibili sono pochi. Conte a Palazzo Chigi, più ministeri per i dinosauri Pd subito e siluramento di Elly a stretto giro. Ecco l’equazione della sinistra dem che piace al leader di M5S e della quale farebbero parte anche la famosa quarta gamba riformista, quella di Alessandro Onorato e soci, nonché tre quarti del correntone nato due settimane fa a Montepulciano sulla carta per sostenere la segretaria, in sostanza per commissariarla e, nella speranza, per rimandarla da dove è venuta. «Siamo noi a chiedere rispetto» tuona Chiara Appendino contro i pretoriani di Elly, sapendo che può contare su parecchi tifosi fuori dal suo partito. Il rispetto che la segretaria non riesce a ottenere neppure più da molti dei suoi, perché non è riuscita a far sentire quasi nessuno come se fosse davvero dei suoi. Ora che l’hanno vista arrivare, i dem hanno anche capito che la segretaria non si è mai spostata troppo da dove è partita. Occupy Pd sì, ma l’operazione sta fallendo. Se proprio si farà occupare davvero, il Pd si farà occupare da Conte.




