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Meloni, si inventano anche la Giorgia "morotea"

L'espressione è apparsa nel titolo di un articolo del "Foglio" in prima pagina e ribadita con maggiore spazio all’interno
di Francesco Damatogiovedì 18 dicembre 2025
Meloni, si inventano anche la Giorgia "morotea"

3' di lettura

Quella “Meloni morotea” titolata dal Foglio in prima pagina e ribadita con maggiore spazio all’interno, trattando della politica estera della premier fra guerre e trattative alterne di pace, mi ha incuriosito per una certa conoscenza e frequentazione di Aldo Moro avuta per una ventina d’anni. Troncata da una morte che grida ancora vendetta per i misteri fra i quali all’allora presidente della Dc fu barbaramente tolta la vita dai brigatisti rossi che lo avevano sequestrato 55 giorni prima, fra il sangue della scorta. Misteri non ridotti ma aumentati nei ripetuti processi, pur con tanto di condanne, e dalle inchieste parlamentari.

La curiosità nasceva anche da quella volta in cui la stessa Meloni, parlando di Europa alla Camera, si è una volta richiamata compiaciuta a Moro tra la sorpresa di molti, anche a destra, che trovarono troppo acrobatico il richiamo. Non era stato invece per niente acrobatico perché il Moro piaciuto alla Meloni era quello convinto che “le diversità” dei paesi del vecchio continente fossero una ricchezza nel loro processo di integrazione. Una specie insomma di sovranismo d’anticipo rispetto a un governo del quale Moro non aveva potuto immaginare l’arrivo in Italia ai tempi della maggioranza di cosiddetta “solidarietà nazionale” che egli aveva contribuito a far nascere attorno non a uno ma a due governi monocolori democristiani affidati alla guida di Giulio Andreotti.

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Ebbene la curiosità suscitatami da quel titolo del Foglio e dal racconto, diciamo così, che lo aveva ispirato si è rapidamente trasformata in delusione. I due autori- non uno- di quella cronaca politica, Carmelo Caruso e Gianluca De Rosa, ai quali concedo simpaticamente l’attenuante dei loro, rispettivamente, 46 e 36 anni, in media quasi la metà dei miei, sono caduti nella trappola del Moro ambivalente o ambiguo di un’abbondante letteratura: quello delle cosiddette “convergenze parallele”, che la Meloni starebbe copiando o scopiazzando, fra Trump e Zelensky, e all’interno dell’Unione Europea fra Merz e Orban. Un pasticcio, più che altro.

Ma Moro era ambiguo solo per chi non voleva capirlo, credetemi. Per fargli dire qualcosa che non aveva detto, e anzi aveva impedito, cioè che i comunisti dovessero entrare nel governo con la Dc e non solo appoggiarlo dall’esterno in via transitoria ed eccezionale, Eugenio Scalfari ne aspettò la morte. All’indomani della quale il fondatore della Repubblica di carta raccontò di esserlo andato a trovare di recente e di avergli sentito auspicare e predire, addirittura con il proprio impegno, un governo di coalizione col Pci. Moro dalla sua tomba a Torrita Tiberina non poteva smentire. E il suo portavoce, Corrado Guerzoni, potette solo raccontare di averli lasciati soli a parlare in quell’incontro effettivamente svoltosi nello studio romano di via Savoia.

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La differenza fra Scalfari e Indro Montanelli. Due uomini, due giornali, due stili, due partiti se vogliamo dirlo. Né potete immaginare che anche Montanelli avrebbe fatto come Scalfari se gliene fosse capitata l’occasione direttamente. Lo escludo perché Moro non se ne sarebbe fidato, ma soprattutto perché lui non pensava a quella prospettiva politica. Egli arrivava a formulare previsioni sino alla fine del 1978, quando era ormai sicuro di andare al Quirinale e tessere da lì la tela della ripresa dell’alleanza di governo col Psi da quasi due anni nelle mani di Bettino Craxi, anziché di Francesco De Martino. Accompagnai personalmente Montanelli da Moro poche settimane prima del sequestro per un colloquio di carattere privato, volendo dare una mano all’amico Gaetano Afeltra che era in quel momento in difficoltà alla direzione del Giorno posseduto dall’Eni. All’uscita dall’ufficio egli mi raccontò di non essere riuscito a strappargli una parola, un sussurro, una vocale, una sillaba sulle prospettive politiche.

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