Lo sgombero di Askatasuna diventa un motivo di grosso, grossisimo imbarazzo per il Partito democratico di Torino e pure quello nazionale. Mentre il ministro degli Interni Matteo Piantedosi e gli esponenti del centrodestra esultano per il blitz della polizia all'alba nel palazzo occupato dal centro sociale più antagonista d'Italia, dal Nazareno e dal centrosinistra in genere tutti tacciono.
Il sindaco dem Stefano Lo Russo, che per mesi ha coccolato i pro-Pal e assicurato loro la magnanima condiscendenza del Comune, questa mattina ha fatto il pesce in barile: "L'Autorità di Pubblica Sicurezza sta svolgendo questa mattina attività presso l'immobile di corso Regina Margherita 47 - questo l'annuncio del primo cittadino -. In questo contesto la Prefettura di Torino ha comunicato alla Città l'accertamento della violazione delle prescrizioni relative all'interdizione all'accesso ai locali di corso Regina Margherita 47". "Tale situazione - ha spiegato - configura un mancato rispetto delle condizioni del patto di collaborazione che pertanto è cessato, come comunicato ai proponenti". Nessuna ombra di soddisfazione, semmai un tono notarile che ha pure fatto infuriare gli antagonisti.
Askatasuna, fine corsa: sgomberato! Piantedosi: "Nessuno spazio alla violenza"
Dopo il Leoncavallo, sgomberato anche Askatasuna, il centro sociale di Torino e forse il più famoso d'Italia...."Matteo Piantedosi rivendica lo sgombero di Askatasuna, Lo Russo non si discosta dalla linea governativa e si accoda alla volontà di colpire i movimenti sociali e la solidarietà alla Palestina. Oggi alle 18 manifestazione di solidarietà!", scrivono sui social i militanti del centro sociale. In questo scenario, assume contorni quasi surreali la nota firmata dal segretario del Pd di Torino, Marcello Mazzù e dal capogruppo dem in Consiglio comunale Claudio Cerrato. "L'amministrazione era sempre stata chiara su questo punto: il patto sarebbe stato interrotto qualora fossero venute meno le condizioni poste. Rispetto a chi accusa il sindaco e l'amministrazione di aver perso tempo, chiede responsabilità e azioni, rispondiamo dicendo che siamo i primi a essersi impegnati davvero a prendere in mano la questione e costruire una strada per una gestione condivisa". La politica, insomma, è clamorosamente in secondo piano: si parla solo di "patti non rispettati" dagli antagonisti, omettendo gli anni di rapporti (anche ideologici) strettissimi tra gli stessi e le amministrazioni di centrosinistra.
Askatasuna, Montaruli inchioda il Pd: "Addio al covo che qualcuno voleva sanare"
Il silenzio più che imbarazzato del Partito democratico, la gioia del centrodestra, la rabbia dei centri sociali....Eppure secondo Mazzù e Cerrato "l'intervento delle autorità di Pubblica Sicurezza di oggi dimostra, come sempre detto, che questo sarebbe potuto avvenire in qualunque momento, senza che dovesse essere richiesto dal sindaco, come alcuni esponenti di Regione e Governo continuavano invece a ribadire. Siamo convinti che ognuno debba svolgere il proprio ruolo per le competenze che ha. Il Partito Democratico - concludono - con responsabilità non ha mai cercato soluzioni semplici a questioni complesse, facili slogan che servono unicamente ad aizzare le opposte tifoserie, perché gestire la cosa pubblica, cercando anche di salvaguardare esperienze di quartiere in corso da trent'anni, è altra cosa. Rigettiamo la visione semplicistica che l'unica soluzione alla ricerca di sicurezza e legalità sia la repressione".
Deraglia anche Stefano Bonaccini, europarlamentare nonché presidente del Pd: "Difendere la causa palestinese è sacrosanto, perché l’unica soluzione è quella dei due popoli e due Stati. Ma chi assalta le forze dell’ordine o sfascia la redazione di un quotidiano commette un’operazione propriamente fascista. È un delinquente e come tale va trattato. Conosco bene, e stimo molto, il sindaco di Torino, Lo Russo, e le sue parole dicono più di ogni altro commento", spiega l'ex governatore dell'Emilia Romagna a Ping Pong, su Rai Radio1. Bonaccini invita poi a "non fare di tutta l’erba un fascio: esistono centri sociali, in tutto il paese, che producono cultura e socialità. Bisogna sempre guardare caso per caso: chi disattende le regole è fuori legge e se qualche appartenente a un centro sociale o associazione, o come singolo, commette degli atti illegali o addirittura provoca violenza, questo va perseguito. Esattamente come dice la legge".
Le contraddizioni democratiche vengono ovviamente messe in risalto da Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia. Ma sono forse le parole di Daniela Ruffino, deputata e segretaria regionale piemontese di Azione (partito dunque che rientrerebbe nel cosiddetto "campo largo") a fotografarle al meglio: "Amareggia constatare che da parte del sindaco Lo Russo c’è una lettura per così dire burocratico-istituzionale della vicenda che ha invece un profilo politico e sociale fin troppo evidente. Lo sgombero di quel centro, da me denunciato come uno dei focolai principali delle tensioni che negli ultimi mesi hanno interessato Torino, non doveva avvenire per la violazione delle regole sull’uso degli spazi riconosciuti ad Askatasuna. Meglio, molto meglio per la credibilità del sindaco e della città, se il patto di collaborazione fosse stato impugnato da Lo Russo appena scoppiati i primi incidenti e accertata la responsabilità oggettiva di esponenti di Askatasuna. Lo Russo dovrebbe conoscere meglio di me la storia del Pci e i comportamenti coraggiosi assunti da quel partito quando l’attività dei movimenti autonomi era vicina alla degenerazione. La loro condanna fu totale e senza riserve. Come oggi deve essere per Askatasuna",




