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Askatasuna, botte ai poliziotti sotto gli occhi dei politici: chi c'era in piazza

di Massimo Sanvitodomenica 21 dicembre 2025
Askatasuna, botte ai poliziotti sotto gli occhi dei politici: chi c'era in piazza

4' di lettura

Ore 16.30: è l’esatto momento in cui gli annunci della vigilia diventano cruda realtà. I passamontagna si alzano a coprire il volto, in mano bottiglie di vetro, sassi e qualsiasi cosa si riesca ad arraffare da terra. Il blocco nero avanza su corso Regina Margherita: vuole raggiungere il civico 47, sede del fu covo rosso sgomberato e chiuso giovedì all’alba. La polizia è schierata all’altezza dell’angolo con via Vanchiglia. È qui che si scatena l’inferno.

Gli idranti, dalla camionetta blu, sparano acqua ancor prima che il corteo arrivi a contatto col cordone. E gli antagonisti si lanciano all’assalto degli agenti dietro lo striscione che recita “Torino partigiana que viva Askatasuna”. I manganelli vibrano. Da dietro volano pietre, petardi e fumogeni e si agitano le aste delle bandiere: ci sono quelle dei No Tav, la madre di tutte le guerriglie, quelle della Palestina, quelle rosse con la stella di Autonomia Contropotere. I poliziotti rispondono coi lacrimogeni.
«Torino domani sarà bellissima», aveva detto venerdì il vicecapogruppo di Alleanza Verdi Sinistra alla Camera, Marco Grimaldi. Mai previsione fu azzeccata. Cassonetti sdraiati in mezzo alla strada e dati alle fiamme. Fuochi d’artificio sparati ad altezza celerino. Cartelli stradali sradicati e usati come arieti. Monopattini dello sharing accatastati a creare barricate. Incendi appiccati persino nelle campane gialle coi vestiti destinati ai poveri. «È ancora lunga, non ce ne andremo dal quartiere», arringa un manifestante in testa al corteo. Probabilmente voleva rendere Torino ancora più bella.

SINISTRA IN PIAZZA

Ma la polizia tiene botta e riesce a disperdere i violenti. Qualcuno si sgancia dal serpentone principale e si infila nelle vie laterali del centro storico per provare ad aggirare il blocco delle forze dell’ordine, però è tutto inutile. Gli idranti ricominciano a pompare acqua: non si passa. I professionisti del disordine non riusciranno ad arrivare ad Askatusuna per riprenderselo come nelle loro intenziano. Al fianco degli ex padroni (abusivi) di casa ci sono, tra gli altri, i colleghi milanesi del Lambretta, i bolognesi del Crash, i padovani del Pedro. La crème dei centri sociali italiani. Ma soprattutto ci sono il solito Grimaldi, il capogruppo di Avs in Regione Piemonte Alice Ravinale, il capogruppo di Sinistra Ecologista in Comune a Torino Sara Diena e Jacopo Rosatelli, assessore comunale alle Politiche Sociali e alle Politiche Abitative (sempre rossoverde). Quattro rappresentanti delle istituzioni in piazza, nel giorno degli scontri assicurati, a braccetto con coloro che avevano promesso battaglia. A sera arriverà una loro nota.

«Siamo fradici per gli idranti che ci hanno lavati mentre percorrevamo via Vanchiglia pacificamente, amareggiati per l’esito della giornata, frutto dello sgombero e di un clima di tensione alimentato dalla militarizzazione del quartiere voluta dal governo». Capito?

Durante la ritirata, su un tappeto di cocci di bottiglie, bastoni e sassi, mani veloci imbrattano i muri della città. “+Piante + dosi- Piantedosi”, si leggerà su un muro. Gli antagonisti attraversano il ponte di corso Tortona e si trasferiscono sulle scalinate della Gran Madre. È da lì che proiettano sulla facciata della chiesa e dei palazzi vicini messaggi concilianti quali “Aska libero”, “Sbirri di merda”, “Lo Russo servo infame”, “Meloni dimissioni”. «La casa dell’Askatasuna sono le strade, le lotte. È il momento di costruire quello che noi chiamiamo il contropotere», è il pensiero dei manifestanti. In quasi tremila erano partiti, alle 14.30, da Palazzo Nuovo, sede storica delle facoltà umanistiche dell’Università di Torino, al grido di “Askatasuna vuol dire libertà, nessuno ci fermerà”. C’erano anche famiglie con bambini ma era stato chiaro fin da subito che la testa del corteo l’avrebbero presa loro, i duri e puri della guerriglia urbana. E così è stato.

LE PROSSIME DATE

Purtroppo, però, non è finita. I militanti dell’Aska hanno annunciato un grande corteo in città la notte di Capodanno «per inaugurare quello che sarà un annodi lotte». Poi, un’assemblea il 17 gennaio e una grande manifestazione nazionale il 31. «La nostra storia non è finita con uno sgombero, se il ministro Piantedosi pensa di aver ottenuto una vittoria con lo sgombero di Askatasuna si sbaglia di grosso», la promessa degli antagonisti. C’è spazio anche per un messaggio al sindaco, Stefano Lo Russo, colui che aveva provato a regolarizzare trent’anni di abusivismo: «Abbiamo fatto una scelta coraggiosa, di non delegare a quattro politici da strapazzo le decisioni sul nostro futuro. Ed è per questo che ci fanno pagare».

Intanto Torino brucia ancora: i vigili del fuoco sono costretti agli straordinari. Sul fronte dei reparti mobili, un primo bilancio parla di nove poliziotti feriti. In serata, poi, la telefonata del ministro Piantedosi al capo della polizia Vittorio Piantedosi per esprimere al questore di Torino, Paolo Sirna, «apprezzamento per la professionalità e l’equilibrio dimostrati». Oggi, la conta dei danni sarà lunghissima. È il prezzo che Pd e compagni devono pagare dopo aver coccolato fino all’inverosimile i nemici dichiarati dello Stato.