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Se ci tassano adesso la Borsa brucia tutto

Monti fa bene a temporeggiare perché ogni soldo che vorrebbero costringere a togliere agli italiani sarebbe destinato a volatilizzarsi

Lucia Esposito
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Siccome anche nelle cose drammatiche si può trovare il lato divertente, oggi si potrebbe dire che il governo di Mario Monti: a. espone l'Italia agli attacchi della migliore e più blasonata stampa internazionale, cominciando dal Financial Times, che descrive come «avvolto dalla nebbia» il suo programma; b. è inaffidabile agli occhi dei mitici mercati, tant'è che quelli continuano a chiedere più soldi per prestarcene, non fidandosi punto; c. è snobbato dai grandi capi di Stato, dai politici ammirevoli, i quali ricevono il nostro presidente del Consiglio (e sai che soddisfazione), ma gli intimano di fare i compiti a casa (al professore!?). È ironia amara, me ne rendo conto. Sicché, esaudita la fisica necessità di mandare alla perdizione quanti ragionarono in questo modo, torniamo alle faccende serie e non adeguiamoci alla loro deprecabile condotta. Quelli che urlarono «fate presto» ora rimproverano il governo che preferisce pensarci con calma. Avevano torto e il governo fa bene a non affrettarsi. Vedo che al Sole 24 Ore si sono accorti che il vertice di Strasburgo è stato un disastro. Complimenti per la prontezza dei riflessi, noi lo abbiamo scritto 24 ore e un sole in anticipo. Smettetela di regalare ai giornalisti il “piccolo economista”, che già con il “piccolo chimico” avevano dei problemi. Quel che succede è scontato, tanto che perfino noi, scribi periferici, abbiamo potuto prevederlo: non è assolutamente vero che se salta l'Italia salta l'euro, come dicono i pasticceri Sarkel, vincitori del premio intitolato all'incompetenza e all'incoscienza, è vero il contrario, e cioè che l'euro saltato sta affondando l'Italia. Chiedere a Monti di agire, di farlo in fretta, per porre rimedio è da sciocchi, perché se le cose si sono messe in questo modo è anche perché s'è provato a far credere che la colpa fosse degli appestati e non della peste. Si sono fatti saltare governi liberamente eletti dai popoli, in nome di un obiettivo sbagliato: attribuire la colpa fosse ai loro debiti, anziché nell'euro. Monti fa bene a temporeggiare, perché ogni soldo che vorrebbero costringerlo a togliere agli italiani sarebbe immolato sull'altare sbagliato e destinato a volatilizzarsi in fretta. Tassare, nel tentativo di salvare banche francesi e tedesche, non è un nobile intento, è una superba cavolata. Meglio evitare. I seguaci del «fate presto» si sono rivelati per quel che sono: sacerdoti del non sappiamo che fare. Il nodo è tutto politico. Se si riporta in auge l'Europa della collegialità noi, oltre ai nostri demeriti, abbiamo anche la nostra forza e, assieme agli altri, si può trovare una via d'uscita, verso una maggiore integrazione. Se prevale l'Europa dell'asse franco-tedesco, roso dall'inconciliabilità dei due diversi interessi, l'Europa morta. Monti dovrebbe correre a spremerci per aiutarli a sbagliare? Meglio se procede con flemma. Si affretti, semmai, sul fronte liberale. Sia che l'asse si spezzi, gli altri Paesi insorgano e l'euro si salvi, sia che vada tutto in malora, così che la Merkel possa festeggiare a stinco e birra la sua ennesima sconfitta elettorale, noi abbiamo comunque bisogno di liberalizzare il mercato interno, alleggerendolo di vincoli e protezioni inutili: nel lavoro, nelle professioni, nel diritto fallimentare, nell'istruzione, nella giustizia, nell'estinzione delle municipalizzate, nella vendita di un patrimonio pubblico che è ricchezza morta. Su questo il professore e i tecnici potrebbero meritoriamente esercitarsi. Meglio se subito. Ma chi glielo dice a quelli che ne plaudirono la nascita nella speranza che sarebbe stato il governo della fustigazione e della patrimoniale? Lasci perdere i giornali gialli, professor Monti, anzi, scusi, senatore, no, pardon, presidente, oppure, forse, futuro Presidente, lasci perdere. La storia è come l'economia: conta il risultato finale. I lecchini, come i detrattori, sono solo fastidi passeggeri. di Davide Giacalone www.davidegiacalone.it

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