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Le riforme che non hanno fatto

Via le marchette figurative, blocco delle assunzioni pubbliche, Ici sul Vaticano, vendita Rai: quello che doveva fare Monti

Giulio Bucchi
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Manovra più di tasse che di tagli, questo si sa. Piangono gli italiani, spremuti dal fisco, e oltre alla beffa della "finta" abolizione delle Province abbondano le voci in cui si poteva risparmiare guadagnando con l'accetta ma che il premier Monti ha scelto di non toccare. Come scrive il direttore Maurizio Belpietro nell'editoriale in edicola oggi, giovedì 8 dicembre, l'elenco è lungo. Si parte dalle cosiddette marchette figurative, cioè i contributi finti che danno però la possibilità a sindacalisti e politici di ottenere pensioni vere, e si arriva al Cnel. Il governo ha deciso di ridurrre il consiglio di amministrazione ma poteva benissimo decidere di chiudere tutto l'Ente, "ospizio in cui, con la scusa di studiare l'economia e il lavoro, vengono ricoverati sindacalisti trombati e politici in disarmo". Sempre per restare in spesa pubblica, bloccare le assunzioni del pubblico impiego sarebbe un rimedio ben più intelligente che minacciare di non poter pagare gli stipendi a chi è già assunto. Invece di tutto questo, si è preferito puntare sulle tasse (al 47%, quattro punti in più rispetto al passato) e sull'Iva, risparmiando poi banche e Vaticano. Il giornalista dell'Espresso Stefano Livadiotti, nel suo libro-inchiesta sulla Chiesa (I senza Dio), scrive che gli immobili della Chiesa non adibiti a funzioni liturgiche oscillano tra il 20 e il 22% del patrimonio nazionale. Valore? Circa 120 miliardi di euro, esentati dall'Ici. Il ritorno, per lo Stato, sarebbe ben immaginabile. Ma la chiesa non si tocca, così come la Rai: qualche anno fa venderla avrebbe garantito entrate per 4 miliardi di euro, come l'Ici sulla prima casa. E senza una tv pubblica, gli italiani risparmierebbero 1,6 miliardi di euro all'anno. La stangata "sana" che Monti non ha ancora avuto il coraggio di fare. 

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