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Passera vuole privatizzare l'acqua

Il ministro dello Sviluppo gela il Pd. Il testo riguarderà anche taxi, farmacie, libere professioni

Lucia Esposito
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 Il testo sarà pronto per l'ultima decade del mese di gennaio, e il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, ci ha lavorato anche durante queste vacanze di Natale. Sarà un maxi disegno di legge sulle liberalizzazioni delle professioni, del commercio e anche dei servizi pubblici locali quello che Passera porterà in consiglio dei ministri. Con una sorpresa imprevista: secondo autorevoli indiscrezioni raccolte da Libero la parte dei servizi pubblici locali richiamerà anche la direttiva europea che impone ai paesi membri la liberalizzazione della gestione dell'acqua. Come si ricorderà il precedente governo aveva interpretato la direttiva inserendolo nella legge dell'ex ministro delle Politiche comunitarie, Andrea Ronchi (elaborato insieme al collega di governo Raffaele Fitto), e poi il testo è stato abrogato a furore di popolo con il referendum del giugno scorso. Il referendum ha fatto saltare il meccanismo che rendeva obbligatoria la cessione ai privati del servizio di gestione delle acque, ma non ha impedito in sé la liberalizzazione del settore. L'unico vero problema derivava dal quesito che impediva di inserire in bolletta la remunerazione del servizio e la manutenzione delle infrastrutture, ma su questo punto Passera ha coinvolto una squadra di giuristi e di tecnici per vedere come sbloccare le opere pubbliche di cui ha bisogno il settore aggirando in sostanza il muro referendario. La formulazione del testo è assai delicata, ma il riferimento alle direttive europee secondo il ministero dovrebbe mettere al riparo da contestazioni. In ogni caso le norme sui servizi pubblici, acque comprese, saranno centrali nel disegno di legge sulle liberalizzazioni anche a costo di rischiare ricorsi di fronte alla Corte Costituzionale. Il vero rischio nell'immediato però è di natura politica. Quei referendum erano nella forma limitati alla gestione delle acque, ma nella sostanza hanno messo paletti complessi ai servizi pubblici locali più in generale. L'intenzione del governo di non rimanere imbrigliati lì è evidente, ma il referendum oltre alle varie associazioni che lo avevano promosso, aveva una chiara natura politica che ora potrebbe essere di intralcio nelle aule parlamentari. Antonio Di Pietro e la sua Italia dei Valori erano stati fra i promotori, e qui poco cambia perché tanto di fatto in questo momento sono all'opposizione del governo di Mario Monti insieme alla Lega Nord. In extremis però, soprattutto per calcoli politici interni, alla filosofia referendaria era arrivato anche l'appoggio ufficiale del Partito democratico di Pier Luigi Bersani. Un atteggiamento che allora divise il partito e sorprese molti osservatori, perché fra il 2006 e il 2008 alle liberalizzazioni fu legato proprio il nome di Bersani, che all'epoca sedeva su una parte della poltrona ora occupata dal superministro Passera.  Nello stesso provvedimento, oltre ai servizi pubblici locali, saranno inserite ulteriori norme sulla liberalizzazione delle professioni, dei taxi, delle farmacie (in sostanza ribaltando lo stop subito in Parlamento dal decreto salva-Italia), dei benzinai e del commercio, con la già annunciata deregulation degli orari dei negozi. Gli stop parlamentari di dicembre avevano fatto infuriare Passera, che ora cerca la rivincita giocando la partita preventivamente sul piano comunicativo per avere l'appoggio della opinione pubblica. Sarà difficile però immaginare provvedimenti di questo tipo in un decreto legge, perché i presupposti costituzionali di necessità e urgenza potrebbero mancare. Sarà quindi quella squisitamente politica la partita davvero decisiva da giocare. di Franco Bechis  

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