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La rivincita di Patelli: "Umberto, stavolta il pirla sei tu"

Lo storico tesoriere della Lega: "Il Bossi che conoscevo controllava i conti di persona. Dopo la malattia, se ne sono approfittati"

Giulio Bucchi
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Alessandro Patelli, lei è passato alla storia come “il pirla” della Lega. Era responsabile amministrativo, organizzativo e uomo di fiducia di Bossi: il 7 dicembre 1993 fu arrestato per una presunta tangente da 200 milioni. Uno scandalo, per quei tempi. Ma nulla in confronto a quanto sta succedendo in questi giorni... «Sa quali sono le due cose che più mi hanno sorpreso?». Prego. «Da che parte è arrivato Belsito? Chi l'ha messo lì? Come è diventato tesoriere?». Lei lo conosce? «Mai visto. Nessuno sa niente di lui, è avvolto dal mistero. Viene da pensare che forse sia vera la questione dell'accordo economico del 2000. Ma se Belsito non era un uomo di fiducia di Bossi, di chi lo era?». Di Berlusconi? «Non so, mi faccio delle domande». La seconda cosa che l'ha sorpresa di questa faccenda? «Il collegamento con la 'ndrangheta. Assurdo, folle. La Lega ha sempre combattuto questo tipo di organizzazioni». Bossi si è dimesso. «Finalmente, sono contento per lui. Può riprendersi un po' di dignità senza essere usato come icona. Il ruolo di presidente è perfetto per lui». Patelli, approfondiamo e ci faccia capire. Secondo lei Bossi sapeva della cartella “The family”? E dei rispettivi conti? «Qualcosa, forse. Sicuramente non tutto. Comunque ai miei tempi si sarebbe accorto di ogni stranezza». In che senso? «Il sistema di controllo che avevo adottato era molto semplice: un unico conto corrente centrale a cui confluivano i finanziamenti pubblici e da cui si prelevava solo per trasferirli sui conti per la gestione ordinaria. La firma era di Bossi. Il quale non controllava tutto, ma si accorgeva in caso di prelievi esagerati o non giustificati». Non è più così? «Non credo. Quando mi sono dimesso, il mio posto è stato preso da Balocchi che ha smontato quell'organizzazione del lavoro. E da quel momento tutte le vicende che ha gestito lui sono andate male, dalla sede acquistata per 14 miliardi - quando pochi mesi prima ne valeva 8 - alla banca e agli investimenti immobiliari». Il nuovo tesoriere è Stefani. «Un imprenditore attento, ex gioielliere, bravo a gestire. Uno come lui non andrebbe mai a investire in Tanzania, sceglierebbe l'oro italiano. Niente azzardi, ma sicurezze». Torniamo a Bossi. Quanto è cambiato con la malattia? «Molto. Non percepisce più le situazioni con la stessa immediatezza di prima. È sfruttato da tutti, ognuno cerca di usarlo come si usa un totem. L'avessimo fatto noi, ai tempi, ci avrebbe buttato giù dal palco». Secondo lei è stato circuito? «Dire che è stato circuito è un'espressione forte. Ma rende l'idea ed è più credibile rispetto all'ipotesi che sapesse tutto quello che è accaduto in questi mesi». Patelli, verrebbe da dire che Bossi sia stato un po' un pirla. «È così. Un pirla non cosciente». E detto da lei... «Ha fatto la figura del pirla, ma non per colpa sua. Avesse voluto soldi per la famiglia, si sarebbe fatto aumentare lo stipendio di 10 mila euro al mese. Senza bisogno di alte manovre strane». Già, la famiglia. La sua rovina politica. «Guardi, nel 2004, dopo la malattia, io dissi che l'unica persona in grado di prendere in mano la Lega era la moglie di Umberto. Oggi i fatti mi hanno smentito. La moglie e il figlio stanno mandando a gambe per aria la Lega. Ma capisco cosa possa essere successo». Cosa capisce? «Quando una moglie scopre di essere tradita, va dal marito e dice basta. Gliela fa pagare. Pretende che almeno la famiglia venga sistemata, che i figli abbiano un futuro». È andata così? «Il Bossi che conoscevo, mai avrebbe portato i figli nella Lega. Ricorda la famosa battuta? “Solo un asino per famiglia può fare politica”». Invece Renzo detto il Trota... «L'ho visto crescere, bambino sveglio e furbo. La madre lo curava solo con prodotti omeopatici». Sarà per quello che è peggiorato? «Non lo conosco ora, non so come sia diventato. Di sicuro non è una cima in politica». Patelli, la domanda che tutti si fanno, adesso, è: la Lega ha sempre rubato? «L'errore di fondo è che si dà troppo denaro ai partiti senza controlli. I bilanci non ti permettono di sapere come vengono usati i soldi». Così però non ha risposto. La Lega ha sempre rubato? «No. Quando l'amministravo io non sono mai stati distratti fondi pubblici. C'è solo la faccenda dei 200 milioni che ormai spero sia chiara a tutti. Non fu una tangente, ma una non dichiarazione di aver percepito  soldi. Da '92 in poi, però, non so cosa sia avvenuto...». Quale è il futuro della Lega? «Credo che ci siano due strade. La prima è quella che porterebbe a tirare a campare, cioè far tornare Bossi segretario. E sarebbe l'errore più grosso». L'altra? «Fare un congresso federale tra due mesi. Eleggere Bossi presidente, padre della Lega, ideologo, e affiancargli tre o quattro uomini di fiducia con Maroni segretario. L'unico modo per avere un futuro vero». di Alessandro Dell'Orto

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