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Otto e mezzo, Paolo Mieli travolge Travaglio: "Allora te lo dico io". La sconcertante accusa a Conte e Arcuri

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Duro botta e risposta a Otto e mezzo su La7 tra Paolo Mieli e Marco Travaglio. Il direttore del Fatto quotidiano critica il premier Mario Draghi e il commissario Francesco Figliuolo per l'organizzazione degli Open Day di AstraZeneca: "Perché dare un vaccino sconsigliato ai ragazzi e alle ragazze proprio a queste due categorie che non rischiano nulla se prendono il coronavirus? Questo è il tema. E poi la spettacolarizzazione: la vaccinazione di massa non è un happening, ma un fatto medico. È stato un errore di comunicazione".

 

 

 

 

Quando Travaglio ricorda che la Germania è nettamente avanti nella campagna vaccinale, "mentre con Arcuri e Conte eravamo davanti", Mieli interviene: "Era il primo giorno, siamo partiti praticamente a febbraio". "Però non si può dire che questi sono fenomeni, anche perché Arcuri ha rendicontato le sue spese e Figliuolo non ha ancora rendicontato un euro". "Ah no, io sono contrario a fare questo giochetto", ribatte Mieli. "Vai sul sito e vedi se ci sono spese rendicontate da Figliuolo!". "Allora te lo dico io: quando è arrivato Draghi, ha scoperto che Conte e Arcuri avevano ordinato e acquistato mascherine da qui al 2035, 763 settimane, 14 anni e mezzo".

 

 

 

 

 

"Assolutamente no - lo interrompe Travaglio - un dato completamente campato per aria, è un dato che fa riferimento a marzo 2020, erano le mascherine che servivano per un solo mese, quando andavamo in giro con la sciarpa". "Guarda che penso l'abbiano fatto per principio di precauzione, che non siano dei ladri, che non ci sia nessun inghippo nemmeno con la Cina. Un giorno, quando sarà guarito anche l'ultimo malato di Covid, faremo i conti. Io sbagliando le ho definite opacità, ma cose strane ce ne sono. Se è vero, 763 settimane ammetti che sono troppe?". 

 

 

 

 

 

 

Travaglio fa muro: "Ma un milione di mascherine ce le siamo fumate in una settimana...". "Ove mai fosse vero, ammetti che sono troppe?", lo incalza ancora Mieli. Nessuna risposta. Al direttore del Fatto la mascherina dev'essere finita sull'orecchio. 

 

 

 

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