Cerca
Cerca
+

Epatite C: ecco nuovi orizzontiper il trattamento dell'infezione

Maria Rita Montebelli
  • a
  • a
  • a

I dati di fase II su grazoprevir ed elbasvir, antivirali MSD ad azione diretta di seconda generazione, somministrati once a day in combinazione, hanno evidenziato altissimi tassi di risposta virologica a 12 settimane su una popolazione che comprendeva pazienti con cirrosi, co-infettati con HIV o con precedente fallimento alla terapia. La nuova combinazione è risultata efficace anche senza l'aggiunta di ribavirina e rappresenta un passo ulteriore verso regimi interferon-free e ribavirin-free. Nella fase III dello sviluppo clinico le due molecole vengono già studiate come unica pillola in mono-somministrazione. Lo stesso Antonio Craxì, ordinario di Gastroenterologia all'Università di Palermo, non ha esitato a definirlo “un momento veramente magico per l'epatite C, condiviso da esperti e pazienti, cui si contrappone la situazione disperata dell'Italia. Muoiono ogni giorno 15 persone, ma le difficoltà economiche per l'accesso alle nuove terapie - risolutive - sono crescenti. Con questi nuovi farmaci il 65% dei malati trattabili 'guarisce': E dico 65% solo perché queste terapie non sono utilizzabili per tutti, perché la percentuale di guarigione è molto superiore, tra coloro che sono trattabili con queste molecole, al 90%”. Ma torniamo alle nuove terapie disponibili: “Grazoprevir più elbasvir in una singola pillola, senza la ribavirina, curano la maggioranza dei pazienti con Epatite C – conferma Savino Bruno, eminente epatologo di Milano di livello internazionale – Ma mentre con interferone e ribavirina dobbiamo eliminare moltissimi pazienti, con quest'associazione non bisogna fare alcuna selezione dei pazienti. E poi l'interazione con altri farmaci è bassa e in più offrono il vantaggio di ridurre fino a 8 settimane la terapia”. I vantaggi per il paziente. La brevità di questi regimi virali accorcia i tempi della sperimentazione e, se questi risultati verranno confermati, in futuro tutti i pazienti con HCV cronica potrebbero essere curati facilmente e in modo sicuro anche dai medici di medicina generale». Ma non è tutto: altri dati presentati a Boston indicano che la farmacocinetica di grazoprevir/elbasvir rende questa combinazione sicura e ben tollerata anche per pazienti con malattia renale allo stadio terminale o in emodialisi o con grave insufficienza renale. Inoltre, l'associazione di grazoprevir con un'altra molecola in fase di valutazione, MK-8408, inibitore dell'NS5A, rappresenta una chance per i pazienti con problemi di resistenze dopo il fallimento di precedenti terapie. “Uno dei problemi che si pone in un numero significativo di pazienti è il fallimento alle nuove terapie antivirali che determina resistenza all'intera classe di farmaci a cui esse appartengono. Da qui emerge la necessità di disporre di farmaci che mantengano l'efficacia contro i ceppi resistenti – afferma Carlo Federico Perno, professore di Virologia all'Università di Tor Vergata e Direttore dell'Unità di Virologia Molecolare del Policlinico Tor Vergata di Roma – Gli studi presentati a Boston indicano che MK-8408 conserva un'eccellente efficacia antivirale anche contro ceppi resistenti ai farmaci della stessa classe (inibitori dell'NS5A virale), appartenenti alla prima generazione, garantendo quindi alte chances di efficacia anche nelle difficili condizioni di fallimento alla prima linea di trattamento”. Lo scenario temporale. Il “battesimo” delle due nuove molecole annuncia una nuova, grande accelerazione verso una cura radicale dell'epatite C, destinata ad allargare la popolazione di pazienti che potranno beneficiare delle terapie e a dare risposta ai bisogni clinici ancora insoddisfatti, anche con le più recenti molecole cosiddette interferon-free di imminente arrivo: regimi terapeutici lunghi, complessi e differenziati nella durata a seconda del tipo di pazienti, efficacia limitata ad alcuni genotipi, categorie di pazienti non eleggibili, resistenza alle terapie e costi non sostenibili per il Sistema sanitario. Già dal 2015 potrebbe quindi essere disponibile, negli Stati Uniti, un regime terapeutico IFN-free e ribavirin-free, multigenotipico, semplice da utilizzare e con minori effetti collaterali e cicli terapeutici brevi: le evidenze finora disponibili saranno adesso convalidate nella fase III dello sviluppo clinico di grazoprevir/elbasvir, chiamata C-EDGE, per la quale è stato appena completato l'arruolamento. Ma la prospettiva è ancora migliore perché la combinazione grazoprevir/elbasvir, per il momento multigenotipica, in futuro si evolverà in un regime pangenotipico con l'associazione a una terza molecola, MK-3682, i cui primi dati, presentati a Boston, evidenziano un'attività potente e pan genotipica con un buon profilo di tollerabilità. (ANDREA SERMONTI)

Dai blog