Sanità: malattie reumatiche, 1 paziente su 3 costretto ad abbandonare lavoro
Roma, 23 nov. (AdnKronos Salute) - Una persona su tre che soffre di malattie reumatiche è costretta ad abbandonare il lavoro. A lanciare l'allarme è l'Associazione nazionale persone con malattie reumatologiche e rare (Apmar), che partecipa al 54.esimo congresso nazionale della Società italiana di reumatologia - Sir, in programma a Rimini fino al 25 novembre. Il dato è emerso dall'indagine Apmar - Swg, che ha analizzato uno spaccato della situazione vissuta dai malati in Italia e "lo stato di salute" delle strutture che li accolgono. Una delle patologie reumatiche più gravi - ricorda Apmar - è senza dubbio l'artrite reumatoide. A soffrirne sono 300 mila persone, il 75% è donna in età fertile: "Si tratta di una malattia dai mille volti che colpisce soprattutto le donne tra i 35 e i 40 anni e che impatta in maniera significativa sulla vita sociale e lavorativa di una persona obbligandola a cambiare radicalmente le proprie abitudini - sottolinea Antonella Celano, presidente di Apmar - Tre persone su 4 sono donne, di queste 1 su 3 è costretta a perdere il lavoro". L'indagine ha inoltre misurato l'impatto psicologico della malattia nella vita dei pazienti intervistati, evidenziando come "la pratica di consigliare un supporto psicologico sia ancora del tutto minoritaria". Solo in Lombardia e in Calabria almeno un quinto dei pazienti intervistati ha dichiarato che gli è stato consigliato, ma in tutte le Regioni circa il 20% degli intervistati a cui non è stato proposto un supporto psicologico, afferma che ne avrebbe comunque avuto bisogno. "Ciò che emerge dai dati - sottolinea Celano - è che già dal momento della diagnosi si scatenano emozioni contrastanti che vanno dal sollievo allo scoraggiamento, dalla fiducia alla paura. La scarsa conoscenza pregressa della malattia, le conseguenze fisiche sperimentate in prima persona e temute per il futuro rendono la persona a cui viene diagnosticata una malattia reumatica, particolarmente fragile in questo momento". Per Celano, il momento della diagnosi "si rivela uno spartiacque importante anche dal punto di vista psicologico, un aspetto che spesso viene sottovalutato: infatti se per il 30% dei casi la diagnosi è stata un sollievo perché ha dato finalmente un nome ai dolori e alle sofferenze che si provavano, nel 32% dei casi ha invece portato ad uno scoraggiamento e ad una perdita di fiducia verso il futuro; infine il 23% degli intervistati si è trovato in una vera e propria situazione di paura. Il 65% ha visto ridurre in maniera importante le proprie attività sociali". "Al dolore, alla rigidità muscolare, alle difficoltà dei movimenti e all'astenia che rendono l'artrite reumatoide una malattia altamente invalidante e che molti non conoscono, si associa un profondo senso di smarrimento e di paura. Essere malati vuol dire dover rinunciare a svolgere le normali attività quotidiane di sempre, vuol dire adeguarsi a nuovi ritmi, cambiare le proprie abitudini e 'tarare' diversamente i propri tempi: prepararsi per uscire al mattino, per esempio, potrebbe richiedere un pochino più di tempo", conclude.