Sclerosi multipla recidivante Ocrelizumab ‘long term' è ok
I dati sull'efficacia e sulla sicurezza a lungo termine sono coerenti con il profilo favorevole rischio-beneficio di ocrelizumab sia per la sclerosi multipla recidivante (SMR) che per la primariamente progressiva (SMPP)
Buone notizie dai nuovi dati presentati i nuovi dati sull'efficacia e sulla sicurezza a lungo termine di ocrelizumab presentati al 4° Congresso della European Academy of Neurology (EAN) che chiude oggi a Lisbona, in Portogallo. I dati risultano coerenti con il profilo rischio-beneficio favorevole di ocrelizumab sia per la sclerosi multipla recidivante (SMR) che per la forma primariamente progressiva (SMPP). Confermata l'efficacia di ocrelizumab nella SMR in base a diversi parametri relativi all'attività di malattia sottostante e alla progressione della disabilità. I dati relativi all'attività cerebrale alla RM misurata nel periodo randomizzato e nella fase di estensione in aperto (OLE) degli studi di fase III confermano i benefici apportati da ocrelizumab nella riduzione dell'attività di malattia sottostante la SMR che si sono protratti per quattro anni di trattamento continuativo. I pazienti che hanno proseguito la terapia conocrelizumab hanno mantenuto un basso numero di lesioni in T1 captanti gadolinio (T1 Gd+) e di lesioni in T2 nuove e/o in espansione (T2 N/E) fino al secondo anno della fase OLE. I pazienti, che all'inizio del periodo OLE, sono passati dal trattamento con interferone beta-1a a ocrelizumab, hanno evidenziato una soppressione completa delle lesioni T1 Gd+ per scansione al primo e al secondo anno (0,48−0,00 lesioni T1 Gd+ per scansione), nonché una riduzione delle lesioni T2 N/E per scansione pari all'85 e al 96 per cento rispettivamente al primo e al secondo anno (2,16−0,33 e 0,08 lesioni T2 N/E per scansione). I soggetti che hanno proseguito la terapia con ocrelizumab fino al secondo anno del periodo OLE hanno mantenuto un basso tasso annualizzato di recidiva (ARR) e una bassa progressione della disabilità confermata a 24 settimane (CDP24). I pazienti che sono passati dal trattamento con interferone beta-1a a ocrelizumab hanno manifestato una riduzione significativa dell'ARR e della CDP24 entro il primo anno, la quale si è mantenuta fino al secondo anno di trattamento. Le analisi di nuovi dati di fase III dimostrano che ocrelizumab può fornire benefici significativi nella disabilità, come ritardare di sette anni la necessità di impiego della sedia a rotelle per le persone con sclerosi multipla primariamente progressiva (SMPP). Roche continua il suo impegno nei confronti delle persone con forme progressive di SM avviando due nuovi studi globali di fase IIIb che valuteranno l'efficacia di ocrelizumab in un numero elevato di persone con diverse forme di SM progressiva. In una nuova analisi esplorativa condotta nell'ambito della fase di estensione controllata eseso dello studio ORATORIO di fase III nella SMPP, ocrelizumab può ritardare in modo significativo di sette anni il tempo necessario all'impiego della sedia a rotelle, misurato in base al periodo di tempo in cui una persona raggiunge un punteggio alla scala EDSS (Expanded Disability Status Scale) pari o superiore a sette (EDSS≥7), utilizzando la progressione della disabilità confermata a 24 settimane (CDP). Le persone trattate con ocrelizumab hanno avuto una riduzione del 46 per cento del rischio di progredire verso la necessità di impiego della sedia a rotelle rispetto al gruppo trattato con placebo (6,2 contro il 9,8 per cento di rischio, rispettivamente, p = 0,022). Quando questi risultati sono stati estesi (estrapolati) per calcolare il tempo medio di insorgenza della necessità di utilizzare la sedia a rotelle, i dati suggeriscono che il trattamento con ocrelizumab può ritardare la necessità di una sedia a rotelle di sette anni (19,2 anni per ocrelizumab rispetto a 12,1 anni per il placebo). "I dati di ocrelizumab divulgati in occasione del convegno EAN consentono di constatare in maniera molto incoraggiante un effetto solido del farmaco e un suo profilo di sicurezza favorevole e coerente sia per la sclerosi multipla recidivante sia per la sclerosi multipla primariamente progressiva - ha dichiarato Francesco Patti, professore di Neurologia presso l'Università di Catania, specialista in Neurologia e Medicina Fisica e Riabilitativa e coordinatore del Gruppo di Studio Sclerosi Multipla della SIN - Negli studi di estensione, inoltre, è emerso che quattro anni di trattamento hanno comportato una riduzione sostenuta dell'attività di malattia nella sclerosi multipla recidivante, già osservata ed evidente dopo solo due anni di terapia con ocrelizumab, nonostante il precedente trattamento con interferone”. Inoltre, l'analisi ha mostrato che la popolazione di pazienti trattati con placebo studiati in ORATORIO presentava un tasso di progressione della disabilità simile a quello di una popolazione SMPP ‘real life', cioè non trattata e non arruolata in nessuno studio clinico. Il tempo mediano al quale si manifestava la necessità di impiegare la sedia a rotelle (EDSS≥7) era di 12,1 anni per le persone trattate con placebo nello studio ORATORIO rispetto a 12,4 anni per le persone con SMPP nel registro ‘real life' ‘MSBase'. I dati di sicurezza a più lungo termine presentati all'EAN, rappresentativi di 3.778 pazienti con SMR e SMPP trattati con ocrelizumab e corrispondenti a 9.474 pazienti-anno di esposizione al farmaco, in tutti gli studi clinici di ocrelizumab, rimangono coerenti con il profilo favorevole rischio-beneficio del farmaco. A partire da giugno 2018, oltre 50 mila persone sono state trattate in tutto il mondo con ocrelizumab. (EUGENIA SERMONTI)