È il costo salato la principale paura dei pazienti che vanno dal dentista
Secondo gli esperti del Centro Medico Lazzaro Spallanzani di Reggio Emilia, intanto, cresce il numero di pazienti che tornano a curarsi in Italia dopo aver subito interventi all'estero abbindolati dal 'turismo dentale'
Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità ben il 20 per cento delle persone soffre di 'odontofobia', ovvero la paura del dentista. Svariate le cause di questo fenomeno, come spiega Federica Ferrante, psicologa del Centro Medico Lazzaro Spallanzani di Reggio Emilia: «nella maggior parte dei casi, sono le esperienze negative del passato a causare l'insorgenza di una vera e propria fobia del dentista e di tutto ciò che è associabile a esso: i macchinari, gli ambulatori, la vista e i rumori di alcuni attrezzi, gli odori dei prodotti e degli ambienti odontoiatrici. A volte, la paura sproporzionata deriva soltanto da come una persona immagina la visita: è assai diffusa l'associazione 'dentista-tortura' che genera, senza che mai sia stato verificato e confermato tale irrealistico collegamento, un rifiuto di recarsi alla visita odontoiatrica. Indipendentemente dai singoli casi, l'andare dal dentista rappresenta un'esperienza poco desiderabile a causa del fatto che esso opererà sulla nostra bocca, una parte importantissima del viso, con un immenso valore sociale. Il sorriso, oltre ad essere un fattore dominante per l'estetica di una persona è, anche, uno dei primi segnali comunicativi che notiamo negli altri, che ci consente di modulare e orientare le relazioni sociali e di inviare messaggi su di noi, sul nostro modo di essere e su come vogliamo apparire. «I sintomi ansiosi che accompagnano il quadro dell'odontofobia diventano talmente intensi al punto da indurre alcuni pazienti a rimandare ad oltranza le visite e ricorrere ad automedicazione, fino ad aggravare decisamente la salute della propria bocca. Per affrontare queste paure – prosegue la dottoressa Federica Ferrante – è possibile seguire alcuni accorgimenti: innanzitutto individuare un professionista, non soltanto affidandosi ai consigli degli altri, ma visitando l'ambulatorio e conoscendo personalmente il medico con il quale concordare le modalità (relative anche all'eventualità dell'utilizzo dell'anestesia) e i tempi dell'intervento. Recarsi a visita con un po' di anticipo consente di non trovarsi immediatamente sotto i ferri odontoiatrici, piuttosto di darsi un tempo per abituarsi all'ambiente, ai rumore e agli odori. Farsi accompagnare da una persona di riferimento in grado di trasmettere serenità e supporto durante l'intervento. Pensare che la fatica psicologica adottata per resistere a questa situazione così spiacevole porterà al beneficio di una bocca più sana e alla riduzione del dolore e di ulteriori complicazioni che si potrebbero presentare in futuro. Infine, non per importanza, complimentarsi con se stessi quando si è usciti dall'ambulatorio per essere stati in grado di affrontare la paura, impendendo all'ansia di condizionare e limitare il nostro comportamento e le nostre scelte». Da un'indagine eseguita dal Centro Medico Lazzaro Spallanzani, però, è emerso come la paura principale di chi debba rivolgersi a un dentista sia il costo, timore espresso da circa il 90 per cento dei pazienti intervistati: «Indubbiamente molti italiani incontrano delle difficoltà ad affrontare le spese dentistiche – aggiunge Francesca Ianni Lucio, responsabile del reparto di odontoiatria del Centro Medico Lazzaro Spallanzani di Reggio Emilia – fenomeno che ha spinto sempre più persone ad affidarsi al cosiddetto 'turismo dentale', ovvero l'organizzazioni di viaggi presso località estere le cui cliniche dentistiche offrono prestazioni a costi molto bassi, specialmente in un ambito molto delicato come quello dell'implantologia». Nonostante il trend dei viaggi organizzati per la cura dei denti sia in crescita in tutto il mondo, molto spesso i pazienti si ritrovano a dover ritornare sotto i ferri in Italia per rimediare a interventi mal eseguiti in queste località, i cui risultati possono manifestarsi anche dopo qualche anno. Dunque, così come sono in crescita gli italiani che scelgono di operarsi all'estero, sono in crescita con numeri molto elevati anche i pentiti: «Circa il 70 per cento dei pazienti si rivolge alla nostra clinica dopo aver eseguito interventi o essersi rivolto a strutture dell'Europa dell'Est – prosegue la dottoressa Francesca Ianni Lucio – e capita spesso di dover concludere e correggere piani di implantologia iniziati all'estero e non conclusi per svariati motivi, soprattutto la scomodità dovuta alla distanza, la mancanza di fiducia e i preventivi modificati al rialzo durante il piano di cura». L'implantologia è proprio la branca più coinvolta in questo fenomeno, soprattutto considerando la delicatezza dell'intervento e la durata degli impianti: «L'evoluzione della tecnica e dei materiali nel campo dell'implantologia negli ultimi anni si è evoluto molto velocemente, ma nonostante ciò un piano di cura standard dura mediamente dai 3 ai 5 mesi, durante i quali sono previsti dai 5 agli 8 appuntamenti. Questo è uno dei motivi alla base per cui rivolgersi nelle cliniche all'estero potrebbe essere un problema. Se eseguito secondo i nostri standard – continua la dottoressa Francesca Ianni Lucio – l'intervento di inserimento degli impianti avviene in sedazione cosciente e dura all'incirca 30/40 minuti. Grazie alla terapia preventiva e post operatoria i pazienti non avvertono né dolore né gonfiore nel 96 per cento dei casi. Inoltre, l'intervento di inserimento dell'impianto è garantito per legge per 10 anni, elemento non riscontrabile negli interventi subiti all'estero». (EUGENIA SERMONTI)