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Le evidenze ‘real world'promuovono pirfenidone

Presentati al congresso internazionale 2018 della European respiratory society (Ers) i dati dello studio Irene, che dimostrano anche sul lungo periodo l'efficacia del farmaco Roche

Maria Rita Montebelli
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Le nuove prove scientifiche dello studio Irene avvalorano l'efficacia e la sicurezza della terapia a base di pirfenidone per i pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica (Ipf, dall'inglese Idiopathic pulmonary fibrosis): sono stati presentati nuovi dati real world relativi al farmaco sviluppato da Roche, in occasione del congresso internazionale 2018 della European respiratory society (Ers), tenutosi negli scorsi giorni a  Parigi. Questi risultati vanno a sommarsi al crescente corpus di evidenze indicanti che l'efficacia di pirfenidone nella pratica clinica quotidiana è in linea con quanto osservato in cinque sperimentazioni cliniche internazionali, randomizzate e in doppio cieco, condotte su oltre 1.700 pazienti. La terapia ha dimostrato di contribuire a preservare la funzionalità polmonare e a migliorare l'aspettativa di vita delle persone con Ipf attraverso il rallentamento della progressione della malattia. “Siamo orgogliosi dei dati presentati durante il congresso dell'Erd su pirfenidone – afferma Alessandra Ghirardini, Roche rare diseases medical unit head – un'ulteriore conferma dell'efficacia di questo trattamento per la fibrosi polmonare idiopatica. Da oggi anche in Italia le persone con Ipf potranno beneficare della nuova formulazione in compresse che permette di ridurre il numero di somministrazioni giornaliere a sostegno di una migliore gestione della terapia”. Lo studio Irene consiste in un'analisi osservazionale e retrospettiva dei pazienti trattati con pirfenidone nella pratica clinica in Italia. I pazienti che hanno proseguito il trattamento con pirfenidone per almeno 6 mesi sono stati inclusi nell'analisi, e da qui è emerso che soltanto il 10,5 per cento e il 16 per cento dei pazienti hanno subito un declino della capacità polmonare rispettivamente a sei mesi e un anno, definito da una riduzione della capacità vitale forzata superiore al 10 per cento. Lo studio Irene intendeva inoltre stabilire se l'efficacia di pirfenidone variasse in base a sesso, età, presenza di enfisema. L'analisi ha dimostrato che l'efficacia di pirfenidone nel ritardare la progressione della malattia è risultata costante in tutti i sottogruppi predefiniti. “Questi nuovi dati presentati al congresso Ers garantiscono ai pazienti e ai rispettivi medici che l'efficacia e la tollerabilità di pirfenidone nella real life sono in linea con i solidi dati clinici che ne hanno avvalorato l'approvazione - ha dichiarato il professore Carlo Vancheri ordinario di malattie respiratorie, università degli studi di Catania e direttore del Centro di riferimento regionale per le interstiziopatie polmonari e malattie rare del polmone, policlinico Vittorio Emanuele di Catania - I dati ricavati dalle sperimentazioni registrative e dalle analisi real world avallano ulteriormente l'uso di pirfenidone come opzione terapeutica consolidata per il trattamento di una vasta gamma di pazienti affetti da Ipf da lieve a moderata, indipendentemente dall'età, dal sesso o da altre caratteristiche”.  (FABRIZIA MASELLI)

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