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Un nuovo test diagnosticocontro l'abuso di antibiotici

L'Università di Perugia ha contribuito allo sviluppo di un test diagnostico rapido per differenziare le infezioni virali da quelle batteriche attraverso lo studio di biomarcatori del sangue, per contrastare l'abuso di antibiotici

Maria Rita Montebelli
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Distinguere rapidamente un'infezione virale da un'infezione batterica offrendo al medico la risposta sul trattamento corretto e adeguato da somministrare al paziente. Si chiama MeMed BV il test rivoluzionario che consente di stabilire, attraverso la risposta del sistema immunitario all'infezione, se necessario ricorrere all'uso di antibiotici. Obiettivo è quello di contrastare il loro abuso e limitare il conseguente fenomeno dell'antibiotico-resistenza. A lavorare al progetto, nato dall'idea di una start-up israeliana, sono Germania, Olanda, Svizzera e Italia. Rappresentante del nostro Paese è la professoressa Susanna Esposito, presidente WAidid e ordinario di Pediatria all'Università degli Studi di Perugia, che proprio in occasione della World Antibiotic Awarness Week si è riunita ad Haifa, in Israele, con alcuni tra i maggiori esperti di infettivologia pediatrica per sviluppare ulteriormente l'innovativo test così da renderlo disponibile nella diagnosi rapida. Questo test, che studia la risposta immunitaria alle infezioni, misura le concentrazioni nel sangue di tre proteine (TRIAL, IP-10, proteina C reattiva), che aumentano o diminuiscono in risposta a batteri o virus. MeMed BV è stato sviluppato grazie a finanziamenti della Comunità Europea nel programma Horizon 2020 ed è stato convalidato da studi clinici condotti in doppio cieco a livello paneuropeo, con la partecipazione per l'Italia della Clinica Pediatrica e della Struttura di Microbiologia dell'Università degli Studi di Perugia. È  stato di recente approvato per uso clinico nella UE, in Svizzera (CE-IVD) e in Israele. Sono circa 700 mila i casi di infezioni antibiotico-resistenti registrati in Europa nel 2015, a cui sono attribuibili oltre 33 mila decessi. Stime che corrispondono a un'incidenza di 131 casi di infezione antibiotico-resistente per 100 mila abitanti e a 6,44 decessi per 100 mila abitanti. Solo nel nostro Paese sono circa 10 mila i decessi correlati all'antibiotico-resistenza, un terzo di tutti i decessi legati a questo fenomeno a livello europeo. “Si tratta di dati allarmanti – ha commentato Susanna Esposito – che impongono all'Italia di intervenire concretamente per contrastare il fenomeno dell'antibiotico-resistenza. Con lo sviluppo di questo test, l'Università di Perugia si fa portavoce di un impegno che mira a ridurre la resistenza agli antibiotici sia a livello internazionale sia nella pratica clinica quotidiana. Si tratta di una importante rivoluzione in campo diagnostico: il test interpreta i segnali del sistema immunitario e distingue con una sensibilità superiore al 90 per cento le infezioni batteriche da quelle virali. Questo consente al medico di prescrivere i farmaci in maniera più consapevole, limitando l'uso di antibiotici che si rivela non necessario in oltre il 50 per cento delle prescrizioni”. La necessità di ottenere i risultati di questo test in tempi brevi ha portato, inoltre, allo sviluppo di MeMed Key, una pionieristica piattaforma di piccole dimensioni e di facile utilizzo che consente di eseguire il test in 15 minuti e che garantisce livelli di precisione uguali a quelli delle grandi piattaforme di analisi immunologiche disponibili presso laboratori centralizzati. Si tratta di un dispositivo Point-of-Care (POC), dunque eseguibile vicino al paziente o nel luogo nel quale viene fornita l'assistenza sanitaria. I risultati, pronti in tempi brevi, permettono al medico di individuare in maniera tempestiva la terapia corretta da somministrare al paziente. A differenza della maggior parte delle soluzioni convenzionali che cercano di rilevare batteri o virus, questo approccio offre vantaggi che vanno al di là della velocità e della precisione: è, infatti, possibile diagnosticare casi in cui l'infezione è localizzata in sedi non facilmente accessibili grazie al fatto che i biomarcatori immunitari studiati circolano in tutto il corpo; può prevenire falsi allarmi dovuti al rilevamento di batteri o virus che sono semplici spettatori e non causano la malattia; identifica infezioni batteriche aggressive al loro  Si tratta, quindi, di un prezioso strumento nella lotta contro i batteri resistenti, una delle maggiori sfide del nostro tempo per il settore sanitario, che potrà trovare applicazione non solo nei reparti ospedalieri ma anche nelle strutture di pronto soccorso e negli ambulatori. (EUGENIA SERMONTI)

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