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L'aids viaggia per via sessuale: “5.8 casi ogni 100 mila abitanti”

I nuovi farmaci consentono una buona qualità della vita. Classe sociale medio alta, buona cultura, in prevalenza maschio e quasi sempre ignaro di aver mantenuto un comportamento a rischio. È questo l'identikit del nuovo seriopositivo

Maria Rita Montebelli
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“Oggi l'HIV rappresenta nelle nostre zone una percentuale di 5.8 casi ogni 100 mila abitanti, con punte di 15.6 per 100 mila abitanti di età di 20-28 anni. Si tratta 3443 casi di cui 43 per cento è rappresentato da soggetti che hanno contratto l'infezione per via eterosessuale e il 38 per cento da chi avuto comportamenti omosessuali”, ha sottolineato la dottoressa Anna Maria Cattelan, direttrice UOC Malattie Infettive, AOU Padova, nel corso dell'evento ‘Update Hiv nella regione del Veneto' organizzato da Motore Sanità, con il patrocinio dell'ULSS 8 Berica della regione del Veneto e della Fondazione The Bridge e con il supporto non condizionato di ViiV Healthcare. Solo il 3 per cento ha contratto l'infezione tramite siringa, quindi è tossicodipendente. È questo un dato che mostra una completa inversione di tendenza rispetto a quella riscontrata all'inizio dell'epidemia nelle nostre aree geografiche. “Più del 50 per cento delle infezioni da HIV aveva già al momento della diagnosi un livello compromesso di immunità, questo significa che è arrivato tardivamente dallo specialista, significa che i pazienti si sentono poco coinvolti e non pensano di essere a rischio – ha sottolineato la dottoressa Cattelan – Il test viene richiesto solo in occasione di patologie che possono far pensare ad una infezione da HIV. È qui che bisogna agire, attraverso campagne mirate di informazione e di educazione. Soprattutto bisogna lavorare sui giovani. I nuovi farmaci consentono comunque una qualità di vita molto buona, tanto che un giovane che contrae l'infezione ha le stesse aspettative di un coetano sano, a patto che segua correttamente una terapia retrovirale, che oggi è comunque meno tossica di quanto non lo fosse anni fa”. “Più dell'90 per cento delle persone con HIV/AIDS seguite presso le Unità di Malattie Infettive del Veneto – ha affermato Cattelan – sono in soppressione virologica, vale a dire hanno ottenuto la negativizzazione della replicazione del virus HIV nel plasma. E questo grazie alla terapia antiretrovirale che prevede classicamente l'associazione di 3 farmaci. Per tutte queste persone l'obiettivo principale – ha proseguito l'esperto - è quello di mantenere questo risultato nel lungo termine, con il minor numero di effetti collaterali, il minor numero di tossicità e la migliore qualità di vita. In Italia le nuove infezioni da HIV sono circa 3500 ogni anno, quasi 6 ogni 100 mila abitanti. Numeri, se comparati con il passato, che mostrano una parabola discendente. Se le nuove cure compiono passi da gigante sia in termini di sopravvivenza sia in termini di qualità della vita del paziente, la prevenzione resta ancora l'arma più efficace contro questa malattia. “L'obiettivo dell'evento è creare un agreement su nuove strategie di test, terapia e presa in carico del paziente – ha dichiarato Rosaria Iardino, presidentessa Fondazione The Bridge – come i dati dimostrano, Regione Veneto ha tutti gli indicatori per diventare la prima Regione free HIV, andando a raggiungere l'obiettivo 90-90-90 (diagnosticare il 90 per cento delle infezioni da HIV; far entrare in terapia il 90 per cento delle persone con diagnosi di HIV; ottenere l'abbattimento della carica virale nel 90 per cento delle persone in terapia) lanciato nel 2014 da UNAIDS grazie alle sue capacità organizzative, di programmazione e di ascolto”. L'assistenza ai pazienti con infezione da HIV in Veneto è affidata ai Centri di malattie infettive, dislocati nei capoluoghi di provincia e in due altri centri locali. In questi centri è possibile fare il test per HIV in modo anonimo e gratuito e senza impegnativa del medico di famiglia; inoltre vengono presi in carico i pazienti con infezione documentata. La privacy dei pazienti è assicurata secondo quanto previsto dalla normativa nazionale (legge 135/90) e regionale e una volta documentata l'infezione, è prevista una esenzione della quota di partecipazione (ticket) che rende le procedure diagnostiche e terapeutiche esenti da pagamento. Le terapie messe a disposizione non sono in grado di eliminare l'infezione e portare a guarigione ma possono sopprimere completamente la replicazione del virus, assicurando la sopravvivenza dei pazienti e la loro qualità di vita comparabile ai pari età non infetti da HIV. “Le persone sieropositive, se diagnosticate in tempo – ha dichiarato Marina Malena, responsabile UOSD Centro Malattie Diffusive ULSS 9 Scaligera - grazie alle terapie antivirali disponibili, invecchiano come le persone di pari sesso ed età senza infezione. In questi ultimi tempi ha perso significato il monitoraggio frequente strettamente infettivologico viroimmulogico, come ad esempio la conta dei linfociti CD4+, a favore del monitoraggio e della stima dei rischi per le comorbidità, le quali hanno sostituito il virus nell'impatto sulla salute e qualità di vita dei pazienti. I numerosi studi prodotti in questi ultimi anni hanno ampiamente dimostrato che le persone – ha proseguito il medico - in cura non sono più contagiose per i loro partner. Se si considera inoltre la recente possibilità, che si è concretizzata anche nel nostro paese, e dimostrata anch'essa in numerosi studi, di poter effettuare una profilassi antivirale nei soggetti sieronegativi a rischio di acquisizione dell'infezione (PrEP: profilassi pre esposizione), sulla base dei loro comportamenti, disponiamo di un ulteriore strategia a favore della interruzione della catena epidemica, come peraltro dimostrato nei paesi dove sono già state attuate delle campagne a tal proposito. L'offerta della PrEP – ha proseguito l'esperta - è infatti un obiettivo cruciale nelle strategie di prevenzione del 'Piano Nazionale di interventi contro l'HIV e AIDS (PNAIDS) 2017-2019' del 07.12.2016, per attuare la cosiddetta prevention cascade, e va implementata, assieme alla diffusione del testing per HIV. In sintesi è necessario uno sforzo comune dei vari stakeholder coinvolti con l'obiettivo di promuovere – ha concluso Malena - una gestione multidisciplinare specialistica del paziente, l'implementazione della PrEP e del testing HIV e la riduzione dello stigma”. L'obiettivo fondamentale di questa giornata è stato quello di riportare l'HIV, inteso come prevenzione, cura e aspetti sociali del problema, nuovamente al centro del dibattito nonché porre la questione del benessere del paziente come stella polare dell'agire della politica sanitaria studiando in particolare nel caso della Regione del Veneto. Non si può però escludere dal paradigma il ruolo centrale che i farmaci, soprattutto quelli di ultima generazione, hanno sia per il trattamento della cura sia per garantire una qualità di vita dignitosa ai pazienti. “Il rapporto Osmed di AIFA mostra una spesa in Italia, per farmaci antivirali HIV nel 2017 di circa 68 milioni di euro in flessione dello 0.7 per cento rispetto il 2016 – ha dichiarato Giovanna Scroccaro, Direzione Farmaci, Dispositivi e Protesica, Regione del Veneto - la spesa rappresenta il 3 per cento della spesa complessiva farmaceutica. Il consumo si mantiene costante nel triennio 2015- 2017 – ha proseguito Scroccaro - la riduzione della spesa è dovuta infatti alla scadenza brevettuale dei farmaci, alla commercializzazione di farmaci generici e agli sconti consistenti applicati nelle gare regionali. Alcune delle sfide in campo farmaceutico dei prossimi anni sono rappresentate dalla urgenza di individuare e trattare precocemente i pazienti, dalla necessità – ha concluso l'esperta - di disporre di regimi terapeutici più tollerati soprattutto in caso di politerapia, pazienti anziani e più fragili, dalla necessità di individuare terapie efficaci nei pazienti che presentano infezioni multi-resistenti”. “Il paziente affetto da HIV, tramite la terapia antiretrovirale – ha affermato Enzo Raise, già professore di Malattie Infettive e Tropicali presso Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Bologna, Padova e Udine – ha usualmente un ripristino delle difese immunitarie anche se parte da valori di T helper/inducer inferiori a 100-200 mm3 in presenza di viremia non 'detectable'. Tale normalizzazione può associarsi alla Sindrome infiammatoria da immunoricostituzione (Iris), patologie infettive, autoimmunià, tumori. Nelle forme autoimmuni l'utilizzo di cortisonici – ha proseguito l'esperto - farmaci biologici (esempio anti TNF) è causa di patologia infettive dovute alla paralisi di alcuni processi immunologici”. Infine sull'argomento è intervenuto Maurizio Amato, amministratore delegato ViiV Healthcare Italia, dichiarando: “Un convegno molto interessante per parlare di una malattia che viene definita cronica e purtroppo ogni anno prevede l'infezione di 250 persone qui nella Regione del Veneto e che quindi non va trascurata. Se è vero che abbiamo a disposizione nuovi farmaci e che questi farmaci sono in grado di accompagnare il paziente a lungo termine e molto importante, allo stesso tempo, non abbassare la guardia dal punto di vista della prevenzione per cercare di fare uno sforzo e ridurre il numero delle persone che si ammalano – ha concluso l'oratore – purtroppo ci sono fasce di popolazioni che non hanno opzioni terapeutiche. Circa 3/5 per cento della popolazione oggi non ha adeguate alternative terapeutiche e quindi un altro punto importante è che c'è ancora bisogna di ricerca, che offra soluzioni innovative e deve essere messa a disposizione dei pazienti il prima possibile”.  (MARCO BIONDI) L'evento è stato organizzato da Motore Sanità e realizzato con il supporto non condizionato di ViiV Per ulteriori informazioni e materiale stampa, visitate il sito internet: www.motoresanita.it

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