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Eradicare l'epatite C è possibilea partire dalle fasce più esposte

Sergio Babudieri

Uno screening condotto negli istituti di detenzione italiani mostra dati preliminari confortanti: meno pazienti del previsto e un ritorno degli investimenti per migliorare la salute. Ma non bisogna fermarsi qui

Maria Rita Montebelli
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Ancora molti i detenuti con epatite C, ma qualcosa sta cambiando, nonostante la situazione delle carceri italiane sia resa difficile anche dal gran numero di patologie che vi si concentrano: dalle malattie psichiatriche all'Hiv, dal diabete al virus dell'epatite C (Hcv), senza dimenticare neoplasie e malattie cardiovascolari. Tuttavia i dati preliminari della campagna di screening condotta all'interno degli istituti di detenzione sembrano indicare una riduzione dei pazienti viremici da sottoporre alle terapie rispetto all'atteso."Quello che ha colpito maggiormente durante questa fase iniziale è che i detenuti sono maggiormente informati e sono disposti a farsi aiutare in caso di malattia - spiega il professor Sergio Babudieri, direttore scientifico della Società italiana di medicina e sanità penitenziaria (Simspe) - La facilità nella somministrazione del test orale per epatite, veloce e non invasivo, è stato ben accolto da tutta la popolazione presente, con risultati sorprendenti. Se prima, infatti, si pensava che fosse di circa il 70 per cento la percentuale dei viremici, i dati finora raccolti parlano ‘soltanto' di un 30 per cento. Un dato confortante, se si pensa che l'Hcv è una malattia che produce malattia, ovvero che se non trattata adeguatamente, dà origine ad altre condizioni patologiche nello stesso paziente.Abbiamo trovato una tendenza – prosegue Babudieri - e quindi non ancora un dato scientificamente valido, che trova però riscontro anche con altre ricerche in corso. Sembrerebbe che molte persone che vengono a contatto con il virus lo eliminano in maniera spontanea. Questo trend, se venisse confermato dalle successive fasi di screening, abbasserebbe di fatto l'allarme su questa malattia, e quindi renderebbe possibile l'obiettivo previsto per il 2030, anche prima di questa data. Rimangono però da combattere gli altri gruppi maggiormente a rischio: parliamo dei tossicodipendenti, di quelli dediti a tatuaggi e piercing, dei giovani sessualmente attivi con partner multipli". Di questi temi  si è parlato al Senato, durante l'incontro sullo stato di avanzamento del lavoro del Piano di eliminazione dell'epatite C in Italia, alla presenza di tutti gli attori interessati, istituzioni, specialisti, pazienti, economisti e con i patrocini della Società italiana malattie infettive e tropicali (Simit) e dell'Istituto superiore di sanità. Obiettivo di questo evento quello di affrontare diversi temi e scenari e di identificare e capire i bisogni di cura complessivi della popolazione infetta da Hcv in Italia ai fini identificare possibili strategie per raggiungere gli obiettivi dell'Organizzazione mondiale della sanità di eliminazione dell'infezione da Hcv entro l'anno 2030. "Occorre dare l'ultima spallata alla malattia e permettere di completare quest'ultimo miglio contro il virus - ha evidenziato Massimiliano Conforti, vicepresidente EpaC onlus - Il rischio è di retrocedere come dimostrato dal calo di accesso alle terapie”. Ad oggi, l'Italia segna importanti traguardi raggiunti, oltre 176.810 i pazienti sono in cura, e ne restano diverse decine di migliaia che spesso non sanno nemmeno di essere portatori del virus. (MATILDE SCUDERI)

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