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Lombardia: gestione del paziente con la sindrome coronarica acuta

A Milano è stata presentata l'attuale fotografia epidemiologica del paziente colpito da Sca. Una gestione efficiente del malato inizia con la chiamata al 112/118 e prosegue con una corretta gestione clinica, dentro e fuori l'ospedale

Maria Rita Montebelli
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Negli ultimi anni il tasso di mortalità per malattie del sistema circolatorio è diminuito. Ciò nonostante i numeri restano impressionanti. Solo nel 2016 (fonte: Istat-Annuario statistico italiano 2018, sanità e salute) si sono verificati in Lombardia complessivamente quasi 31 mila decessi per malattie del sistema circolatorio, di questi 9.584 sono decessi attribuibili a malattie ischemiche del cuore. Tra queste ci sono le sindromi coronariche acute (Sca) - comunemente chiamate anche ‘attacchi cardiaci'. Per presentare l'attuale fotografia epidemiologica e la gestione clinica del paziente colpito da Sca in regione Lombardia si è tenuto a Milano il convegno ‘Gestione clinica della sindrome coronarica acuta in regione Lombardia'. L'evento organizzato da Motore sanità con il patrocinio della conferenza delle regioni e delle province autonome, di Gise, di regione Lombardia e con il contributo incondizionato di Sanofi e IT-Med ha messo a confronto esperti del settore ed esponenti del mondo politico per analizzare le criticità ancora presenti nel sistema e proporre soluzioni migliorative. "Il dolore toracico è uno dei più comuni e complessi sintomi che il paziente può accusare - spiega Giuseppe Di Tano, presidente Anmco Lombardia, Uo cardiologia Asst Cremona – ed è tra i frequenti motivi che inducono i pazienti a consultare il medico o ad afferire al pronto soccorso. Le cause sono molteplici, con una lunga lista di diagnosi differenziale e differenti livelli di severità e rischio. Solo in una bassa percentuale di casi la causa è una sindrome coronarica acuta o altra causa cardiaca grave. E' quindi essenziale definire le procedure cliniche più idonee all'identificazione delle situazioni più gravi che devono essere caratterizzate da efficacia nella stratificazione del rischio e rapidità di esecuzione, in modo da avviare i pazienti con sindrome coronarica acuta o comunque ad alto rischio al trattamento specifico e mirato in tempi utili". Le sindromi coronariche acute comprendono un gruppo di patologie causate dall'insufficiente irrorazione del muscolo cardiaco da parte di un'arteria coronaria, la forma più grave di queste è l'infarto miocardico acuto in quanto, in questo caso, la totale mancata irrorazione di una parte del tessuto muscolare cardiaco porta alla necrosi dello stesso con conseguenze alcune volte mortali. Solo dal 2009 al 2015 in regione Lombardia i ricoveri per Sca risultano essere più di 140 mila, con una mortalità intraospedaliera che è diminuita progressivamente negli anni e che si attesta a circa al 5,2 per cento dei ricoveri per questa patologia. La prevenzione delle cause scatenanti la Sca e una sua gestione clinica efficiente possono ulteriormente diminuire in misura importante l'evoluzione della patologia e le sue complicanze. Giovanni Corrao, direttore scientifico del Centro di ricerca interateneo healthcare research & pharmacoepidemiology, professore ordinario di epidemiologia e biostatistica, università di Milano Bicocca, riporta e analizza dati epidemiologici più rilevanti degli ultimi anni sul numero dei pazienti lombardi con Sca e di quali risorse sanitarie usufruiscono  mettendo in luce che “la mortalità ospedaliera dei pazienti ricoverati per sindrome coronarica acuta si è progressivamente ridotta negli ultimi 10 anni in Lombardia passando da 1.150 decessi nel 2009 (6.5 per cento dei ricoverati in emergenza-urgenza) a meno di 1.000 negli anni più recenti (5.2per cento ). Il margine per la riduzione degli esiti cardiovascolari rilevanti dopo la dimissione, tuttavia, è ancora notevole. Infatti, sebbene dall'80 al 90 per cento dei pazienti inizia il trattamento farmacologico con β-bloccanti, anti-aggreganti e statine entro un anno dopo la dimissione, queste terapie sono frequentemente abbandonate nel tempo. Ad esempio, dopo 3 anni dalla dimissione per SCA, il 50 per cento dei pazienti ha sperimentato almeno un episodio di discontinuità terapeutica con anti-aggreganti. Inoltre, entro un anno dopo la dimissione, un insufficiente percentuale di pazienti sperimenta almeno una visita cardiologica (68 per cento), viene sottoposto ad elettrocardiogramma di controllo (77 per cento) e/o viene controllato per profilo lipidico (81 per cento) e/o creatininemia (13 per cento). Dai dati disponibili, inoltre, emerge che i pazienti che iniziano il trattamento con β-bloccanti, anti-aggreganti e statine entro un anno dopo la dimissione hanno un ridotto rischio di ricoveri cardiovascolari successivi rispettivamente del 13, 4 e 10 per cento. Infine – spiega Corrao - sebbene la riabilitazione in regime di degenza sia sperimentata da poco più del 20 per cento dei pazienti ricoverati per Sca, entro due mesi dalla dimissione, essa gioca un ruolo rilevante nella prevenzione secondaria degli esiti, visto che i pazienti ad essa sottoposti sono caratterizzati da un ridotto rischio di ricoveri successivi del 29 per cento. Ci si aspetta dunque che il ‘valore' del monitoraggio dell'aderenza alle cure del paziente preso in carico sia considerevole”. In Lombardia il primo approccio con il paziente è in gran parte gestito dall'Azienda regionale emergenza urgenza (Areu). "Nel 2018 Areu ha eseguito più di 78mila elettrocardiogrammi con il rilievo di 1.833 Infarti gravi (Stemi) e di 41.220 eventi riferibili alla Sindrome coronarica acuta sopraccitata – riferisce Guido Villa, responsabile aspetti clinici del Soccorso e progetto regionale defibrillazione precoce, Areu Lombardia. Il dato più importante rimane però quello che riguarda il tempo di ospedalizzazione mirata dalla chiamata del cittadino che risulta inferiore di oltre 10 minuti a quanto richiesto per l'eccellenza dalla Società europea di cardiologia. Per il corretto trattamento dei pazienti con Sca è infatti necessaria una presa in carico che parta con il personale di pronto intervento, continui con i medici e chirurghi del pronto soccorso, prosegua con i clinici che prendono in carico il paziente in ospedale e si concluda soltanto con il medico di medicina generale che segue il follow-up del paziente”. “Il trattamento intraospedaliero di prima scelta dell'infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto St (Stemi) - afferma Corrado Lettieri, direttore Struttura complessa di cardiologia, Asst Mantova - è sicuramente l'angioplastica coronarica primaria che, se erogata entro i 90 minuti dalla diagnosi, consente di ridurre significativamente la mortalità per infarto miocardico acuto. In Lombardia l'adozione dell'angioplastica primaria avviene in oltre l'80 per cento dei pazienti con Stemi, percentuale più elevata rispetto alla media nazionale. Nonostante la capillarizzazione dei Centri con emodinamica in Lombardia, rimangono ancora delle problematiche legate alle modalità di accesso ospedaliero, perché in Italia, come in molti altri Paesi, c'è un problema di autopresentazione al Pronto Soccorso ancora troppo alto. Infatti quasi il 50 per cento dei pazienti si presenta ancora autonomamente nelle strutture sanitarie a seguito dei primi sintomi, una percentuale che sembra non ridursi nonostante la diffusione di specifiche campagne educazionali che invitano a chiamare il 112/118 in caso di dolore toracico”. È intervenuto anche Roberto Pedretti, direttore Dipartimento di cardioangiologia riabilitativa, istituti clinici scientifici maugeri, Irccs, Pavia, che afferma: “La cardiologia preventiva e riabilitativa (Cpr), attraverso un intervento multidisciplinare migliora sia la qualità della vita che la prognosi nel cardiopatico e nel paziente con recente sindrome coronarica, in particolare. Nonostante la sua storia pluridecennale - spiega il medico - e le solide evidenze scientifiche, la cardiologia preventiva e riabilitativa (Cpr) non è ancora pienamente valorizzata all'interno del panorama cardiologico. La ancora non ottimale ‘referral rate' dei pazienti cardiopatici ai programmi di Cpr costituisce e rappresenta una delle cause della non adeguata aderenza alla terapia medica ottimizzata dei pazienti cardiopatici. Si evidenzia negli anni una progressiva riduzione della mortalità - prosegue - con un innalzamento della sopravvivenza. È però necessario intensificare il ricorso al numero unico dell'emergenza 112 da parte della popolazione in caso di dolore toracico per sfruttare la ‘Golden Hour' che consente le migliori possibilità di recupero per il paziente presso strutture sanitarie adeguate. Il primo problema che il Ssn deve affrontare infatti è la corretta diagnosi delle Sca, riuscendo a garantire analisi approfondite ed in tempi brevi”. “Le malattie cardiovascolari costituiscono - afferma Anna Pozzi, medico di medicina generale, Fimmg Lombardia vice presidente Iml - ancora oggi in Italia uno dei più importanti problemi di salute pubblica: esse sono tra le principali cause di morbosità, invalidità e mortalità. Chi sopravvive ad una forma acuta diventa un malato cronico con notevoli ripercussioni sui costi economici e sociali. La prevalenza della cardiopatia ischemica cronica nella popolazione è in progressivo aumento per una serie di motivi: l'aumento dell'età media della popolazione; il declino di mortalità per eventi coronarici acuti; l'incremento di alcuni fattori di rischio quali il diabete; il miglioramento della diagnostica strumentale. La medicina generale si occupa - conclude - degli obiettivi di cura del paziente con cardiopatia ischemica cronica dopo la dimissione ospedaliera. Gli approcci più efficaci per contrastare le complicanze ed i nuovi eventi acuti cardiovascolari più dannosi delle SCA sono la prevenzione e un sistema immediato e ben organizzato di pronto intervento”. A commentare il lavoro della regione Lombardia è anche Emanuele Monti, presidente della III Commissione sanità e politiche sociali. “Regione Lombardia, che già vanta un altissimo livello di qualità del servizio sanitario, lavora quotidianamente per potenziare la propria offerta ai cittadini – spiega – La capacità di dare la massima attenzione al paziente con sindrome coronarica acuta, dalla sua presa in carico fino al ricovero ospedaliero, e poi con la riabilitazione successiva all'evento traumatico, rappresenta la linea guida della politica sanitaria che portiamo avanti con impegno e dedizione, pensando al bene dei lombardi”. Dello stesso parere Simona Tironi, vicepresidente III Commissione sanità e politiche sociali regione Lombardia che aggiunge: "La gestione clinica di un paziente cronico come coloro che sono affetti da Sca, deve essere sempre più rispondente ai nuovi obiettivi introdotti dalla riforma sanitaria regionale". (MARCO BIONDI)

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