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Cinque milioni gli italianicon la vescica ‘iperattiva'

Una patologia invalidante e diffusa ma poco considerata, tant'è che quasi ovunque mancano percorsi terapeutici adeguati

Maria Rita Montebelli
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Una condizione patologica invalidante, oltre che molto umiliante, di cui soffre quasi un italiano su dieci: sono infatti oltre 5 milioni i pazienti che non riescono a controllare l'urgenza minzionale – il 60 per cento donne e il 40 per cento uomini – una fastidiosa patologia troppo spesso misconosciuta e sottovalutata anche dal Servizio Sanitario Nazionale che, salvo che in casi limitati, non prevede percorsi terapeutici e riabilitativi ben definiti né la rimborsabilità dei farmaci per le cure. Inoltre, nell'ambito delle singole regioni e delle singole ASL, si verificano notevoli differenze nella qualità del servizio e dei trattamenti, che creano significative discriminazioni in termini di livelli assistenziali e di accesso alle terapie. La realtà italiana e le pesanti conseguenze di questa diffusa patologia sono state illustrate nel corso di una conferenza stampa promossa dalla rivista di politica ed economia sanitaria Italian Health Policy Brief (www.ihpb.it) e dall'Associazione d'Iniziativa Parlamentare e Legislativa per la salute e la prevenzione, tenutosi al Senato della Repubblica, che ha visto la partecipazione di parlamentari di diversa appartenenza politica, di clinici e di rappresentanti delle associazioni di pazienti. Un quadro, quello emerso, che evidenzia il forte disorientamento del cittadino colpito da questa patologia, ad alto rischio di essere sottoposto a trattamenti talvolta inadeguati e con il conseguente ritardato accesso alle cure che spesso è la causa principale del suo aggravamento e del frequente fenomeno della co-morbilità: infezioni urinarie, dermatiti, ecc. A questo si aggiunga il fatto che l'Italia è l'unico Paese nel quale, contrariamente alla maggior parte dei Paesi europei, non è previsto il rimborso totale o parziale dei più moderni farmaci per il trattamento della vescica iperattiva. Un vuoto assistenziale preoccupante, anche perché dalla ricerca potranno venire presto risposte farmacologiche sempre più efficaci e di più facile impiego, cosi da facilitare l'aderenza alla terapia: è il caso, per esempio, della tossina botulinica A, capace di modulare selettivamente la trasmissione neuromuscolare, controllando la contrazione vescicale. «La non rimborsabilità di questi farmaci – ha sottolineato Giulio Del Popolo, presidente della Società Italiana di Urodinamica (SIUD) – orienta spesso medici e pazienti verso prodotti più economici, caratterizzati da maggiori effetti collaterali quali, tra le più frequenti, la secchezza delle fauci, i disturbi del visus o, più di sovente, di necessità verso i presidi, assorbenti o dispositivi per il cateterismo perché rimborsati dal Servizio Sanitario, anche se con diversi criteri tra le diverse regioni e le diverse ASL. Questo approccio non consente un trattamento precoce, esponendo i pazienti al rischio di complicanze nel lungo termine». Lo scenario è destinato ad aggravarsi con il progressivo e quasi esponenziale invecchiamento della popolazione, dal momento che il fattore età è tra le più determinanti condizioni di rischio, per quanto buona parte della popolazione colpita da questa patologia sia ancora in età lavorativa, quindi fortemente penalizzata in termini di capacità produttiva e di qualità della vita. «Purtroppo dobbiamo registrare ancora un inadeguato livello di assistenza da parte del Servizio Sanitario Nazionale – ha dichiarato la senatrice Maria Rizzotti, Vice Presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato – in termini di rimborsabilità di terapie farmacologiche e riabilitative e di omogeneità a livello territoriale, alla quale si deve porre rimedio, anche in un'ottica di razionalizzazione della spesa sanitaria». Concetti, questi, che sono stati ulteriormente rafforzati dal senatore Antonio Tomassini, Presidente dell'Associazione di Iniziativa Parlamentare e Legislativa per la salute e la prevenzione, secondo il quale «questa sindrome, così sottodiagnosticata, dovrà essere affrontata coinvolgendo opinioni di esperti di vari campi. L'incontinenza urinaria, infatti, rappresenta oggi una malattia dai risvolti psicologici importanti, che impone una vita relazionale caratterizzata dal dover cronometrare le uscite e gli impegni sociali e, ancor di più, dal timore che anche gli altri possano rendersi conto del problema. La sindrome di vescica iperattiva oggi si può curare: questo è il messaggio che da questo incontro dobbiamo lanciare. Tutti insieme, cittadini, medici, operatori dell'informazione». (L. L.)

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