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La prevenzione viaggia su Facebook (e combatte le fake news)

E' il più grande strumento di passa-parola della storia (in Italia lo usano 35 milioni di persone). E allora perché non utilizzarlo anche per spingere la gente a fare prevenzione? Gli Stati Uniti sono già partiti

Maria Rita Montebelli
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La prevenzione salva la vita. Ma è arrivato il momento di farlo capire alla gente con linguaggi e strumenti diversi. Non dimenticando la prudenza però. E' la considerazione alla quale giunge Raina M. Merchant (Center for Health Care Innovation, Center for Digital Health, Università della Pennsylvania, Usa) sulla rivista JAMA, di fronte alla constatazione che vaccini, screening tumorali, regolari controlli della pressione e counselling per smettere di fumare potrebbero salvare la vita ogni anno a 100 mila americani; peccato che solo 1 su 10 faccia prevenzione come si deve. Di fronte a queste migliaia di vite sacrificate all'ignoranza o alla ‘distrazione' dagli strumenti di prevenzione, perché, si chiede la Merchant, non sfruttare il grande e pervasivo potere dei social media? Si tratta di strumenti e piattaforme molto ‘democratiche', nel senso che vengono usate da tantissime persone, di tutte le classi sociali e di tutte le età. In più - e forse è questa la loro caratteristica più importante - possono influenzare in maniera significativa (nel bene e nel male purtroppo) percezioni, azioni e scelte di vita. La star incontrastata tra i social media è Facebook, utilizzato negli USA da 175 milioni di persone e in Italia da circa 35 milioni di persone (la metà dei quali ha più di 35 anni). E che le potenzialità di Facebook anche nel mondo della salute possano essere dirompenti lo testimonia anche il fatto che il programma di donazione del sangue su Facebook, lanciato nel 2017, ha raccolto in brevissimo tempo 35 milioni di adesioni da parte di donatori di sangue in tutto il mondo. E così, sulla scia di questo successo, lo scorso novembre Facebook ha lanciato lo strumento ‘Preventive Health' (per ora solo per gli utilizzatori stelle-e-strisce); si tratta di una app che ha lo scopo di informare le persone sulle raccomandazioni relative alla loro salute e sulle risorse a disposizione, il tutto personalizzato in base al loro sesso e alla fascia d'età d'appartenenza; i servizi di prevenzione a disposizione vengono loro indicati in base alla geolocalizzazione. E così da novembre, i cittadini americani vengono raggiunti su Facebook da una serie di ‘consigli' doc sulla prevenzione delle malattie d cuore, tumori, influenza, tutti rigorosamente basati sulle raccomandazioni delle linee guida delle principali società scientifiche americane e dei CDC (i Centers for Disease Control). Gli utilizzatori possono interagire con lo ‘strumento' (con post, like, condivisioni) e Facebook ne registra le azioni, senza (così assicurano) condividerle con parti terze. E' presto per dire se queste iniziative ‘social' saranno in grado di portare un maggior numero di persone a fare prevenzione, senza contare la paura dell'effetto ‘Grande Fratello' che un'iniziativa di questo genere potrebbe generare tra gli utilizzatori. Un punto cruciale è capire come le informazioni raccolte sui social potrebbero essere condivise, alterate, disseminate o al contrario protette e come le strategie per coinvolgere attivamente le persone in un progetto ad esempio di prevenzione debbano variare a seconda del target interessato. I social media sono oggi uno strumento di ‘passa-parola' potentissimo e in grado di raggiungere una platea di ‘amici' virtuali enorme (come ben sa chi si occupa ad esempio di marketing politico); sarà molto interessante valutare se, veicolare informazioni e consigli di salute ‘certificati', riuscirà a combattere in maniera efficace e sullo stesso terreno le tante fake news che inquinano questo settore. Le raccomandazioni delle società scientifiche vengono aggiornate in continuazione; i social media consentono di restare al passo con le novità in tempo reale, in maniera più efficace di qualunque poster o opuscolo. Purtroppo mancanza di trasparenza, furto di dati, profiling e lo scandalo Facebook-Cambridge Analytica (nel 2018 la Cambrisge Analytica ha utilizzato i dati personali di più di 80 milioni di utenti di Facebook, senza il loro consenso, utilizzandoli per ‘manipolare' le preferenze politiche) hanno nel tempo fortemente minato la fiducia del pubblico nei confronti dei social e naturalmente quello della salute è un argomento particolarmente delicato. Qualunque intervento sanitario che viaggi sui social media dovrà dunque seriamente fare i conti con le istanze della privacy. I social media insomma, anche nel campo della prevenzione rappresentano un'opportunità unica, non certo priva di rischi. Rischi che dovrebbero essere gestiti, senza paralizzare l'implementazione di questi programmi; gli sforzi dei ricercatori e delle organizzazioni sanitarie – conclude la Merchant - dovrebbero inoltre focalizzarsi nel definire gli obiettivi da raggiungere e nella misurazione dei risultati (numero di visite e di esami effettuati in più, condivisioni sui social, numero di vaccini anti-influenzali somministrati, ecc) per confermare l'efficacia della prevenzione-social. (MARIA RITA MONTEBELLI)

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