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Vaccino, le conseguenze sul long-Covid: lo studio, cosa cambia dopo la doppia iniezione

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Non solo coronavirus. Già, la maledetta pandemia ci porta in eredità anche la cosiddetta sindrome da long-Covid, la lunga lista di effetti collaterali a lungo termine di cui soffre chi è guarito. Una serie di patologie che vanno a colpire soprattutto le persone che hanno contratto il Covid in forma grave e sintomatica. 

 

Il più famoso degli esempi, in Italia, è Silvio Berlusconi: un anno dopo il coronavirus è ancora colpito dal cosiddetto "long-Covid", con piccoli problemi cardiaci che lo costringono a frequenti ricoveri al San Raffaele di Milano (ieri, mercoledì 1 settembre, l'ultimo ricovero-lampo). Si pensi poi a Lewis Hamilton, il quale ha recentemente confessato di soffrire ancora di long-Covid, tanto da risultare stremato al termine di una delle ultime gare di F1, dove neppure riusciva ad alzarsi da terra dopo essere sceso dalla monoposto.

 

Ora, però, arriva una buona notizia. Infatti, secondo  uno studio condotto dal King's College di Londra, la vaccinazione contro il coronavirus non soltanto protegge dal rischio di contagio ma dimezza anche proprio quello del long-Covid.  In una minoranza di persone che si contagiano nonostante la doppia dose il rischio di sviluppare sintomi che durano per oltre quattro settimane è ridotto del 50% rispetto a coloro che non sono vaccinati, conclude lo studio.

 

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