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L-Arginina, non solo vaccino: la terapia italiana che annienta il Covid, cambio di scenario

Alessandro Gonzato
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Nel mirino c'è il 90% di copertura vaccinale. L'Italia potrebbe centrarlo entro fine anno. È la nuova soglia della copertura di gregge fissata dalla nostra comunità scientifica, non tutta - attenzione perché c'è anche chi sostiene che per le caratteristiche del virus all'immunità di gregge non arriveremo mai. Raggiunto il 90% di vaccinati però, l'ha detto il commissario all'Emergenza, Francesco Figliuolo, il governo potrebbe pensare di rendere il Green pass meno stringente. Il vaccino, laddove la campagna vaccinale è massiccia e le restrizioni adeguate, ha rallentato drasticamente la corsa del virus, che però anche raggiunto il 90% di immunizzazione non sparirà certo di colpo. C'è allo studio la pillola antivirale della casa farmaceutica Merck, il Molnupiravir, che in base agli esami dimezzerebbe il rischio di ricovero di persone colpite da una forma leggera o moderata del Covid: in Europa sarà l'Ema a doverla valutare (si ipotizza entro fine anno) e negli Stati Uniti la Food and Drug Administration ha già fissato un incontro il 30 novembre, forse decisivo per l'approvazione. Nel frattempo però, oltre al vaccino, vediamo alcune delle terapie più utilizzate e quelle sperimentali che stanno dando i risultati migliori. Partiamo dall'Italia.

 

 

 

 

 



STUDI NOSTRANI - Il professor Giuseppe Fiorentino dell'ospedale "Cotugno" di Napoli, in collaborazione con l'Albert Einstein University di New York, ha condotto uno studio sulla L-Arginina, un amminoacido che assunto per bocca ad alto dosaggio e associato a una terapia standard riduce i tempi di ricovero. Il risultato sui primi 101 pazienti trattati ha certificato che chi ha ricevuto 2 volte al giorno l'arginina (due flaconi da 1,66 grammi) ha avuto mediamente 21 giorni in meno di degenza. I risultati sono pubblicati sulla rivista scientifica The Lancet, considerata la Bibbia del settore. L'assunzione di arginina è stato valutato positivamente anche dal "San Raffaele" di Roma, dal "Gemelli" e dall'ospedale di Codogno. Il farmacologo Silvio Garattini, presidente e fondatore dell'Istituto di ricerche farmacologiche "Mario Negri", ha recentemente ricordato l'importanza degli antinfiammatori non steroidei e che gli eventuali benefici dell'idrossiclorochina «sono stati smentiti dalla letteratura scientifica». «Alcuni anticorpi monoclonali», ha sottolineato, «sono utili nella prima fase per diminuire fortemente la carica virale. Ci sono moltissimi studi in corso per diminuire i casi di malattia grave e la mortalità, che oggi può essere ridotta del 30% solo col cortisone». Tornando ai monoclonali, il cui utilizzo nel pieno della pandemia è stato snobbato perché caldeggiato dal presidente americano Donald Trump a cui erano stati somministrati durante la malattia, diamo conto che nel Tennessee, alla Vanderbilt University, è stato da poco scoperto un "super monoclonale".

 

 

 

 

 

 

 

La scoperta, definita «rivoluzionaria», è descritta in un articolo sulla Nel mirino c'è il 90% di copertura vaccinale. L'Italia potrebbe centrarlo entro fine anno. È la nuova  rivista scientifica Cell Reports. I test hanno evidenziato che il "super monoclonale" è efficace contro ogni variante. Il lavoro è stato cominciato nel 2019 da Ian Setliff e Andrea Shiakolas, allievi del luminare Ivelin Georgiev: «Non c'è tempo da perdere», ha affermato quest' ultimo. «Se aspettiamo ancora, il virus avrà la possibilità di mutare ancora tante volte». In estate, invece, Isaiah Arkin, biochimico della Hebrew University, ha illustrato sul quotidiano Times of Israel la sperimentazione in laboratorio di 3 farmaci «che non attaccano la proteina Spike del virus, ma altre 2 che difficilmente cambiano con lo sviluppo delle varianti». I farmaci sono: Darapabid, usato per il trattamento dell'aterosclerosi; l'antitumorale Flumatinib; e un medicinale per l'Hiv. «La cura», ha garantito Arkin, «è efficace quasi al 100%, anche contro le mutazioni». Torniamo negli Stati Uniti, dove un gruppo di ricercatori guidato da Karla Satchell, professoressa di Immunologia alla Feinberg School of Medicine della Nothwestern University di Chicago, ha individuato una proteina comune a tutti i virus che potrebbe combattere i Corona, anche in questo caso indipendentemente dalle mutazioni. La proteina si chiama Nsp16 e per neutralizzarla, hanno dichiarato gli scienziati, «serve un farmaco, non un vaccino, perché il vaccino istruisce gli anticorpi a prendere di mira delle particelle sulla superficie del virus. Ma le proteine come la Nsp16, che vengono usate dai virus per moltiplicarsi, non si trovano sulla superficie, quindi non gli anticorpi non le vedono». Per la Satchell «questa ricerca è fondamentale in vista delle future pandemie, la prossima potrebbe esplodere attorno al 2028, ovviamente è un'ipotesi sulla base della successione delle epidemie di Sars, Mers e dell'attuale Sars-Cov-2 che sono separate da 7 anni».

 

 

 

 



L'ELENCO EUROPEO - La Commissione europea ha appena pubblicato una serie di «potenziali strumenti terapeutici» contro il Covid: «L'elenco», viene specificato, «si basa su un parere scientifico indipendente ed è incentrato sui medicinali candidati e che saranno probabilmente autorizzati e di conseguenza disponibili sul mercato». La prima categoria è formata dai monoclonali antivirali considerati più efficaci nella fase iniziale dell'infezione: Ronapreve, Xevudy, Evusheld. Della seconda fanno parte le "pillole" antivirali Molnupiravir, quella di Pfizer e di Atea Pharmaceuticals-Roche. Della terza lista fanno parte 4 immunomodulatori per la cura dei pazienti ricoverati: Actemra, Kineret, Olumiant, Lenzimula. L'Agenzia italiana del farmaco a fine settembre ha reso disponibili i farmaci immunomodulatori Anakinra, Baricitinib e Sarilumab. Si aggiungono al Tocilizumab «nel trattamento di soggetti ospedalizzati Covid-19 con polmonite ingravescente sottoposti a vari livelli di supporto con ossigenoterapia».

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