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Alzheimer, "freno al declino cognitivo": anticorpi, la rivoluzione contro il peggiore dei mali

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Aducanumab, l'anticorpo monoclonale anti-Alzheimer si è dimostrato in grado di migliorare le condizioni cliniche di pazienti colpiti dalla malattia neurodegenerativa, trattati in stadio precoce. Risultati ottenuti nell'ambito degli studi di fase 3 presentati dall'americana Biogen e dalla giapponese Eisai a Boston indicano infatti che l'azione del farmaco sul calo della proteina plasmatica p-Tau181 si associa a una riduzione delle placche beta-amiloidi nel cervello, nonché a un minore declino cognitivo e funzionale nei pazienti.

 

 

I dati illustrati riguardano oltre 1.800 malati Alzheimer, riporta Adnkronos Salute, per un totale di circa 7mila campioni di plasma esaminati. L'analisi ha evidenziato che aducanumab, farmaco che si somministra per infusione, "primo e unico trattamento approvato", per ora "negli Stati Uniti, che incide sulle cause della malattia di Alzheimer", ricorda Biogen, "ha ridotto significativamente rispetto al placebo la 'patologia Tau', una caratteristica distintiva della malattia di Alzheimer, misurata attraverso la proteina plasmatica p-Tau181; l'effetto è stato maggiore con dosi più elevate e periodi di trattamento più lunghi".

 

 

"Ora disponiamo di dati solidi e concordanti secondo cui aducanumab ha effetto su due caratteristiche patologie che definiscono la malattia di Alzheimer, e prove sostanziali della correlazione tra l'effetto del farmaco sui livelli plasmatici di p-Tau181 e il rallentamento della progressione della patologia - afferma Alfred Sandrock, responsabile Ricerca e Sviluppo di Biogen - Siamo impegnati nella continua produzione di dati" sul trattamento, "e crediamo che queste nuove evidenze possano contribuire a una scelta terapeutica informata e a far progredire la ricerca sull'Alzheimer".  

 

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