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Tamigi invaso dai granchi cinesi

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Un biologo marino propone di allevare e vendere i crostacei

Eleonora Crisafulli
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Il Tamigi è infestato da milioni di granchi cinesi. A lanciare l'allarme e proporre una soluzione al problema è Paul Clark, biologo marino del Natural History Museum. La specie invasiva e in continuo aumento crea dei seri danni all'ambiente e alle altre specie acquatiche e rischia di ostruire i condotti di aspirazione idrica di aziende e centrali elettriche. Per limitare i danni l'unica soluzione è allevare i piccoli animali arrivati dall'estremo oriente nel 1935, a bordo dei vascelli mercantili, e venderli agli inglesi. Forse non è la proposta che ci aspetteremmo da un biologo, ma, spiega Clark, «questi granchi sono un problema enorme, scavano le tane dentro le rive dei fiumi facendole collassare e sono deleteri per altre specie animali. I granchi cinesi si stanno espandendo molto velocemente e fra non molto raggiungeranno la Scozia». Per frenare la crescita di esemplari si potrebbero posizionare delle reti speciali nel fiume, tra Greenwich e Erith, dove l'acqua del mare incontra quella dolce. Una volta pescati, i granchi verrebbero venduti e consumati dagli amanti del pesce, senza alcun rischio per la salute. L'idea è semplice quindi, ma l'obiettivo finale sembra essere quello del guadagno e non della protezione della fauna fluviale. D'altra parte, sui mercati cinesi e giapponesi un singolo esemplare arriva a costare anche 24 sterline. L'unico preoccupazione per Clark è che la gente possa deliberatamente portare i granchi cinesi in altri fiumi per dar vita a lucrosi allevamenti. In quel caso l'ambiente verrebbe ulteriormente danneggiato. La fattibilità del progetto verrà discussa a marzo durante una conferenza.

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