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Tumore, ecco come affrontare una diagnosi di cancro

Melania Rizzoli
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Inutile negarlo: la reazione psicologica di qualunque persona quando le viene comunicata la diagnosi di tumore è quella equivalente ad uno shock emotivo, accompagnata da incredulità, paura, sgomento e dolore, perché il tema del cancro, nell’immaginario comune, è tuttora collegato a quello della morte. Di fronte al medico che rivela il referto, certo e senza ombra si dubbio perché accertato radiologicamente ed istologicamente, ci si sente immediatamente catapultati in un incubo, smarriti e risucchiati in una nuova e cruda realtà che annulla la precedente, poiché se fino a poco prima si era un padre, una madre, un figlio, un artista, un qualunque professionista e comunque un individuo attivo e forte, di colpo tutto sembra crollare, perché si diventa di colpo un paziente.

Un paziente oncologico. Un individuo fragile e spaventato, smarrito e impaurito, con un percorso difficile da affrontare, del quale quasi tutti conoscono l’inizio ma non la fine, non l’esito e nemmeno la speranza di vita. Il giorno della diagnosi è un ricordo incancellabile, che resta per sempre impresso nella memoria, e da quel giorno, in qualsiasi momento della vita si viene colpiti, quella vita cambia completamente, mandando in frantumi programmi e prospettive, nulla appare più come prima, le precedenti priorità mutano improvvisamente, diventano macerie, e non importa se la malattia è iniziale, avanzata, curabile, operabile o no, perché quasi sempre la nuova situazione viene vissuta come una ingiustizia, una sfortuna, una punizione o una colpa, ci si chiede “perché proprio a me?” e lo “tsunami” psicologico che insorge porta ad un vero e proprio sconvolgimento emotivo difficile da contenere, almeno nei primi giorni.

 

 

REAZIONE - Naturalmente ciascuno di noi, per temperamento e per carattere, reagisce diversamente agli eventi stressanti, alcuni iniziano da subito a mettere in atto meccanismi adattativi e di difesa, altri si abbandonano alla disperazione pensando di non avere la forza di reagire, e molto dipende dal contesto familiare e sociale di cui si fa parte, che certamente può influenzare il modo in cui si accoglie la diagnosi, ed aiutare a trovare le risorse necessarie nella sfida da affrontare.

Per tutti questi motivi è indispensabile che lo stato emotivo e psicologico del paziente neo-diagnosticato non venga trascurato ma supportato al meglio, poiché è scientificamente dimostrato che il cancro “si nutre” avidamente di emozioni negative ed è certificato che lo stato depressivo e non reattivo del paziente può compromettere fortemente l’esito delle cure e dei trattamenti oncologici.

Uno studio del Netherlands Cancer Institute di Amsterdam, pubblicato su Nature Medicine, ha dimostrato che lo stress, lo sconforto e la depressione, durante la malattia e le terapie, possono addirittura «favorire la crescita e la resilienza del tumore, sia attraverso la produzione di una serie di ormoni, come il cortisolo, che lo nutrono, sia creando un microambiente vantaggioso per la proliferazione di metastasi», indebolendo e rendendo meno efficaci le cellule immunitarie che vengono compromesse e perdono le loro capacità di difesa.

È noto infatti che diversi tipi di tumori (pancreas, rene, cervello), inizialmente, per motivi ancora sconosciuti, indurrebbero nell’89% dei casi un abbassamento del tono dell’umore e segnali di depressione evidenti mesi o settimane prima di manifestare i sintomi tipici della malattia. Questo non vuol dire che gli individui malinconici, tristi e depressi siano destinati ad ammalarsi di tumore, ma è certo che le emozioni positive aiutano a mantenere lo stato di salute fisica, mentale e psicologica, in quanto contribuiscono a tenere alto il livello delle cellule immunitarie.

 

 

Quasi tutti i malati di cancro, durante il periodo della malattia, iniziano a convivere con una sensazione di incertezza mai provata prima, amplificata secondo lo stadio di avanzamento o meno del tumore, con gli effetti collaterali delle terapie oncologiche, anche se per ogni tumore ciascun paziente fa storia a sé con reazioni differenti, ed aver bisogno di un supporto psicologico durante il percorso non è affatto un segno di debolezza, vista l’esperienza traumatica che si sta attraversando, tra medici, cliniche, ospedali, interventi chirurgici, chemioterapie, immunoterapie e terapie radianti, tutte concentrate in un lasso di tempo contenuto, a volte devastante per i caratteri fragili con scarsa capacità di adattamento, sottoposti a continui stress fisici ed emotivi, proposti a scadenze brevi e ravvicinate, intervallati da periodi di ansiosa attesa per la verifica strumentale della remissione o di avanzamento della malattia.

CONTROLLI - Chiunque si sia sottoposto ad una Tac parziale o total body per qualunque motivo infatti, è di certo entrato nel tubo del macchinario sviluppando, più o meno inconsciamente, uno stato d’ansia manifesto o velato, scaturito dal timore di una diagnosi inaspettata di malattia evidente, e gli esami strumentali di controllo dei pazienti oncologici, dopo le terapie specifiche, per verificare la scomparsa o le recidive del tumore, sono eventi stressanti addirittura superiori a quelli delle terapie subite, perché quegli esami certificheranno la possibilità di guarigione, di sopravvivenza o di aspettativa di vita. La buona notizia è che oggi, grazie alla ricerca scientifica intenzionale, il cancro non è più una malattia mortale, ma una patologia curabile e guaribile i moltissimi casi, e la sua prognosi, con le innovative terapie immunoterapiche, è cambiata radicalmente negli ultimi due decenni, ma il modo di affrontare il proprio stato di salute, dal punto di vista biologico, psicologico, mentale e sociale è parte fondamentale per il successo terapeutico, perché anche una compressa di aspirina, assunta con paura, sfiducia, dubbio e incredulità, non avrà l’effetto curativo sperato, promesso e garantito. 

 

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