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Dinosauri? "Maschilisti, cambiare nome": l'ultima follia del politicamente corretto

Luca Beatrice
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E ora chi glielo spiega a Giovanni, il mio bambino di cinque anni che si diverte a giocare con i dinosauri, ne colleziona di diverse specie, si appassiona ai libri illustrati che raccontano storie del Paleolitico, che i suoi rettiloni preistorici, i suoi mostri terrificanti, potrebbero cambiare nome perché non abbastanza inclusivi o addirittura discriminatori?

Non c’è giorno in cui la follia umana non si manifesti in tutta la sua evidenza, però che per riequilibrare la scienza rispetto al maschilismo imperante che duecento anni fa nominò le specie dei dinosauri sia stato richiesto agli scienziati di oggi di riconsiderare la nomenclatura nel rispetto del sesso o delle minoranze mi pare proprio che le batta tutte. Finché il fanatismo tocca l’animale domestico, cane, gatto, canarino, pesce rosso, ci può stare anche se mi pare difficile che un quadrupede o un bipede possa essere discriminato nella società o sul posto di lavoro in quanto donna, ma se la questione tocca il T Rex (pare che le più cattive fossero, come al solito le femmine in protezione dei loro cuccioli), il Brontosauro, il Pterodattilo, mi pare proprio che più del zoologo bisognerebbe rivolgersi a uno psichiatra o forse chiamare proprio l’ambulanza.

 

 

Ecco quello che sta succedendo nel mondo della scienza: alcuni paleontologi esigono linee più rigorose nella definizione delle specie rispetto a quelle entrate in vigore due secoli fa. Ci vuole insomma un altro sistema più inclusivo e rappresentativo rispetto a dove i fossili sono stati trovati.

Nel 1824 il geologo William Buckland scoprì i resti di un enorme rettile in un campo a Stonesfield, nel Regno Unito e scelse il nome Megalosaurus per via delle immense dimensioni delle ossa. All’epoca fu l’animale più grosso mai scoperto; la parola dinosauro – in greco che significa “lucertola spaventosamente grande” – fu introdotta più tardi, nel 1841.

Ma come vengono scelti i nomi di animali estinti da tanto tempo? Sono state pubblicate linee guida per la denominazione delle specie supervisionate dalla Commissione internazionale sulla nomenclatura zoologica (ICZN). Tra questi vi sono i requisiti che il nome sia univoco, che sia annunciato in una pubblicazione e che, per i dinosauri, sia legato a un unico esemplare.

Di fossili di dinosauri pare ne esistano circa 1.500 con relativi nomi, ma adesso non va più bene, bisogna riconsiderare la storia e cambiare quei nomi considerati “problematici”, ovvero coloro che “emanano razzismo, sessismo, nominati in contesti (neo)coloniali o in onore di figure controverse”. Pensate, hanno davvero speso soldi per questa ricerca e ne è venuto fuori che il problema riguarda, che sospiro di sollievo, solo il 3% dei dinosauri esaminati.

 

 

Un esempio, alcuni dinosauri scoperti durante le spedizioni tra il 1908 e il 1920 da esploratori tedeschi a Tendaguru in Tanzania, che allora faceva parte dell'Africa orientale tedesca, presero il nome da tedeschi piuttosto che da membri della spedizione locale e i campioni rimangono in Germania. I più fanatici del politicamente corretto dicono che non contano i numeri, piuttosto ne fanno una questione di principio. Un paleontologo argentino ha affermato, tra l’incredulità delle persone normali: «Non diciamo che domani bisognerà cambiare tutto. Ma dobbiamo rivedere criticamente ciò che abbiamo fatto, vedere cosa abbiamo fatto bene e cosa non abbiamo fatto bene, e cercare di correggerlo in futuro». C’è poi la questione degli eponimi appioppati a questi rettili, la cui desinenza è in maggioranza maschile. E questa cosa non va bene, davvero. Per evitare la discriminazione preistorica suggeriscono che i nomi si concentrino sulle descrizioni fisiche, come Stegosaurus (da "lucertola tetto" in greco, riferendosi alle spine a forma di piastra dell'animale) o Triceratops ("faccia a tre corna"). Cosa pensa l’ICZN?

Piuttosto contraria a cambiare nomi in quanto ingenerano confusione come quando cambiano le fermate dell’autobus, però a causa della pressione di alcuni gruppi di fanatici stanno prendendo in considerazione l’ipotesi di introdurre, in futuro, diversi sistemi di denominazione più paritari. Sentite cosa dice il presidente il paleontologo londinese Paul Barrett: “c'è stato un netto cambiamento nel desiderio di dare credito a figure precedentemente trascurate quando si nominano nuovi dinosauri e di garantire che le questioni patrimoniali siano affrontate e prese in considerazione", aggiungendo che i collaboratori e colleghi indigeni devono essere più spesso riconosciuti, “mentre in precedenza la maggior parte degli eponimi rifletteva il ruolo degli scienziati nel nord del mondo”. Tirati perla giacchetta dicono che sì, l’ICZN potrebbe essere più rappresentativa per la comunità. Prima o poi qualcuno chiederà di cambiare il nome anche alla serie di Indiana Jones, a meno che non scambi il nome Indiana per una ragazza appartenente alla minoranza etnica dei pellerossa, in quel caso può andare bene. 

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