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WhatsApp, la paura degli spioni crea i messaggi a tempo

Ginevra Leganza
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Effimero.Il messaggio che c’è e non c’è più. Inghiottito dallo smartphone. Dicesi “effimero” il testo/effigie/nota-audio Whatsapp con facoltà d’autodistruggersi in uno, sette, al massimo novanta giorni dall’invio. E dunque la missiva di qualche ora o poco più. Il venticello digitale che come tutte le più belle cose vive solo un giorno, come le rose. Perché come migrano gli stormi nel cielo, a settembre, così pure i nostri messaggi.

Ricapitolando, è stato un agosto di sputtanamenti tutti di urgenza effimere. Un’estate di whatsapp porcelloni e occhialoni da spia epperò adesso basta. A tutto c’è un limite. E dopo una calura di gossip e cuori infranti, si diceva, i nostri messaggi migrano. Evaporano. I nostri messaggi s’autodistruggono e, nientemeno, diventano “effimeri”. Ed ecco. Se il whatsapparo medio – fesso e perbene – al “messaggio effimero” non avrà fatto caso (niente paura, siam qui noi), il whatsapparo furbo – siamo certi – invece sì. Ma andiamo con ordine.

Il whatsapp effimero esiste già da diversi anni. Già nel 2020 la chat di Meta avvertiva della possibilità di evaporare. E tuttavia fu durante l’estate scorsa – l’estate dei messaggi porcelloni e degli occhialoni, s’è detto – che ci capitò di vederlo come mai prima. E ci capitò di notarlo, per esempio, allorché, whatsappando, i nostri messaggi andavano persi. Puf. Svaniti.

In ogni caso, però, che parola elegante, tocca ammettere. Che parola antica, “effimero”. Talmente poetica per la chat più impoetica al mondo dove nel giro di pochi anni, almeno da noi, ha ripreso vita un genere in apparenza estinto. Quale? Ma quello della commedia all’italiana, ovviamente. Che dal sindaco di Santa Marinella Pietro Tidei – come dimenticare – all’affaire Sangiuliano si è reincarnata su Internet dopo la morte di Cinecittà.

E dunque “whatsapp effimero”, dicevamo, com’è all’incirca “effimera la stirpe umana”. Effimero come “una foglia che il vento riversi per terra”. Ed è la nuova frontiera, quindi, cotanta poesia, del whatsapparo circospetto.Il nuovo asso nella manica del lupo della mala coscienza che come opera pensa. Lui (o lei) che dopo la “pellicola privacy” suggerita al fu ministro Sangiuliano da nostra signora Boccia, la Lupa di Pompei – non ve ne sarete dimenticati? – vira adesso su ben altro escamotage. Dopo la patina che oscura lo schermo a chi s’avvicini, vira sul messaggino effimero acciocché lo preservi dalla piaga dell’epoca nuova. Ossia dalla sciagura dello sputtanamento. Flagello divino dell’homo digitalis.

Eppure, stando alle note ufficiali, più che per privacy i messaggi temporanei Whatsapp sono il frutto d’un’altra necessità: fare in modo che le chat somiglino il più possibile alle conversazioni vis-à-vis, fugaci e spontanee (bella trovata, Zuckerberg! Ma a giudicare dagli interlocutori medi son le conversazioni vis-à-vis che somigliano a quelle più zotiche di Whatsapp).

E “questo significa”, chiosavano ancora i bimbi di Zuckerberg, «che le conversazioni non devono essere conservate in eterno», ma cancellate. Sarà. Fatto sta, però, che al di là dell’utopismo di Mark (civilizzare Whatsapp) codesti messaggi sembrano piuttosto la punta d’un iceberg. O come dire, il sintomo avanzato del terrore d’uno sguardo indiscreto. La paura profonda d’essere inoltrato, screenshottato, sputtanato (tremarella che ci prende ogniqualvolta clicchiamo “invio”). Perché si sa che i codici del mondo moderno sono cambiati. Si sa che il cosiddetto adulterio, per dire, quello che un tempo fu lusso – e fu dunque “tempo, spazio, silenzio” come nella definizione di Thierry Paquot – oggi è tutt’al più affanno, pena.

 

Ed è biscia che ci avvolge nelle spire (o nelle spunte) Whatsapp.Il mondo è cambiato e basta un messaggio, oggi, per inchiodarci alle nostre colpe. Le quali cambiano anch’esse, adeguandosi ai tempi (basti dire che la fornicazione via Internet, e quindi non consumata, prende il nome adesso di micro-cheating: micro-tradimento che, a proposito di colpe, non è parola, non è pensiero, non è opera, non è omissione, ma al limite emoticon formato maialino). Il mondo è cambiato e l’ansia è pari a quella di Vito Corleone nel Padrino che al telefono raccomanda di non parlare mai perché col taglia-e-cuci delle frasi registrate, dice, viene fuori qualsiasi cosa. L’amore è cambiato, ancora, e dunque cosa vuoi che sia un messaggio effimero se manco il tempo di mandarlo che è già inoltrato.

 

È stata un’estate di sputtanamenti. In compenso, viene un autunno di foglie e messaggi effimeri. Sicché a conti fatti si capisce che una come la Boccia – altro che erede di Mata Hari! – era giusto lo spirito del tempo. Stavolta a cavallo d’una spunta Whatsapp.

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