Occhiali, addio: il collirio contro la presbiopia

di Claudia Osmettigiovedì 18 settembre 2025
Occhiali, addio: il collirio contro la presbiopia

(PixaBay)

3' di lettura

Quegli espositori in farmacia o vicino alle casse del super con gli occhiali da lettura. Squadrati, con la montatura colorata e la custodia in plastica trasparente. Una correzione che arriva al massimo di 3,5 (uguale per entrambi gli occhi). Costano una sciocchezza, quantomeno se paragonati ai loro fratelli maggiori, gli occhiali da vista per i miopi, e se continua così, cioè se la scienza oftalmica seguita a fare passi da gigante con scoperte che fino all’altro ieri non si riuscivano nemmeno a immaginare, rischiano di essere soppiantati da uno scaffale di boccette per collirio. Sissignori, i primi test sulle “goccine da lettura” sono assai promettenti.

Anzi, negli Usa c’è già qualcosa di simile: un collirio, appunto, approvato dalla Fda, ossia dalla Food and drugs administration, che è l’agenzia federale americana che regolamenta anche i farmaci, a fine luglio scorso, un mese e mezzo di validità, col principio attivo dell’aceclidina, il quale questa gran novità non è perché è utilizzato fin dagli anni Settanta per curare il glaucoma, che però in questo caso aiuta i muscoli dell’iride a contrarsi e la pupilla a restringersi, di fatto permettendo di mettere a fuoco gli oggetti vicini, ma non per sempre, solo per qualche ora, quelle che dura l’effetto del medicinale. Si chiama Vizz e funziona, spiegano gli esperti, «come quando nella fotocamera si chiude il diaframma».

Che è un po’ ricerca e un po’ studio ancora da perfezionale: ma vuoi scherzare? Dove-ho-messo-le-mie-gocce? Quanti presbiti, quelle persone (spesso anziane) che faticano a leggere un articolo di giornale perché da vicino ci vedono poco, ci siano al mondo è difficile stabilirlo: in Italia si stimano sia almeno 28 milioni. Hai sempre avuto la vista di una lince, dieci decimi e l’esame della patente rinnovato in un nanosecondo, ma passati i cinquanta, facciamo sessanta per i più fortunati, il prezzo sul cartellino al discount o la chat di famiglia su Whatsapp iniziano a sfuocarsi.

In tanti risolvono con un piccolo intervento chirurgico (e dire che qualche anno fa ci sembrava rivoluzionario pure il laser), la maggior parte si affida alla vecchia scuola degli occhialini da battaglia (al plurale perché è mai solo uno), i futuristi, adesso, aspettano il collirio. Mica c’è solo Vizz.

C’è, per esempio, un gruppo di scienziati argentini del Centro di ricerca avanzata per la presbiopia di Buenos Aires che a Copenaghen, in questi gironi, durante il meeting annuale della Escrs (la Società europea di chirurgia della cataratta e refrattiva) ha presentato un prodotto analogo da utilizzare due volte al dì. Togli e metti gli occhiali, (forse) non più.

Il collirio argentino segue la stessa logica di Vizz ma presenta alcune differenze: tanto per cominciare la molecola su cui fa leva è la pilocarpina (che agisce come l’aceclidina e controlla anche il cristallino), poi ha in combinato anche il dioclofenac, vale a dire un farmaco antinfiammatorio non steroideo, il famoso fans, e per finire ipotizza un doppio uso giornaliero per togliersi il pensiero. Lo studio ha, non a caso, coinvolto 766 persone che hanno avuto le gocce sia appena alzati, la mattina, sia a distanza di sei ore: erano divisi in tre gruppi che hanno ricevuto composizioni differenti perché in ognuno cambiava la percentuale di pilocarpina.

Quasi tutti sono stati in grado di leggere linee aggiuntive sulle tabelle del controllo della vista dopo l’assunzione del collirio (148 pazienti di quelli che hanno ricevuto la pilocarpina all’1% sono riusciti a leggere due o più linee extra; 248 di quelli che l’hanno avuta al 2% hanno totalizzato addirittura più di tre linee così come 370 di chi ha ottenuto la pilocarpina al 3%). «È sorprendente», ha detto Giovanna Benozzi, la direttrice del Centro.

Attenzione, però: l’ottimismo è l’anima della scienza, ma bisogna fare le cose per benino. «Il collirio di pilocarpina», ricorda per esempio Francesco Calabrò che dirige l’unità operativa complessa di Oculistica all’ospedale dei Colli Monaldi di Napoli, «è stato dismesso a causa delle complicanze che dava negli anni, ad esempio aderenze tra l’iride e il cristallino e problemi al momento dell’intervento di cataratta».