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Natale, il cibo come facilitatore della resa dei conti

C'è a chi la ricorrenza piace e ci sono quelli che la detestano. Il finale, però, è uguale per tutti: malinconia. Il ruolo decisivo delle abbuffate, nel caso in specie ben più incisive dell'alcol
di Andrea Tempestinivenerdì 19 dicembre 2025
Natale, il cibo come facilitatore della resa dei conti

2' di lettura

Il Natale non piace a chi legittimamente non vuole fare i conti con certi sentimenti. Il Natale conferma la realtà dello stereotipo: il raduno familiare che altrimenti non avviene. Umano detestare la ricorrenza. Il secondo stereotipo confermativo è il fatto che tutto ruota attorno al cibo. Ingozzarsi e ubriacarsi come facilitatori della resa dei conti, sia che il Natale vi piaccia oppure no. Ritorna il parallelismo tra cibo, sesso e dipendenze: in una situazione irreale, quale il Natale, tutti nessuno escluso ricorrono a qualcosa che obnubila e abbatte le inibizioni. Un ruolo che nello straordinario caso in specie attiene più al cibo che all’alcol. Pranzi e infinite cene come catalizzatori del caos. A me il Natale piace. O meglio lo avvicino con gioia sfumata, ma la proiezione è positiva. Ho aspettative.

Questo è il nostro menù (non distinguo tra pranzi, cene, vigilia, 25 e rigurgiti di Santo Stefano): paté, acciughe, crostini, salmone, salumi, cardi e formaggio fuso, cipolline, pomodorini farciti, insalata russa, catalana, pasta a vongole, riso allo stampo, lasagna, arrosto, corona, gamberoni, patate al forno, puntarelle, tortellino in brodo, panettone & mascarpone, frutta secca, mandarini, bollicine, bianco, rosso, grappa e digestivi. Chissà cosa scordo. Più ci si ingozza, più l’aria diventa viziata, più montano le nevrosi. L’irrisolto, mamma inacidita e papà che ciondola, i lutti che bussano agli stomaci esausti, i bimbi che ridanno senso al Natale ma urlano, sorelle irrequiete, il risucchio degli anziani che senti solo quello, lo scopone che non si riesce mai a finire (uno dorme, il bimbo strepita, uno si è rotto le palle), la tombola figurarsi, quelli che fanno due passi per sparire, zie trattate come la peste nera, il più vecchio un po’ tocco che assiste a quel cinema e finalmente ride, mogli che non riescono a capire l’incoerente entropia proprio come tu non capisci il loro, di Natale. Tutto sfugge di mano. Si litiga. Sommarie rese dei conti. E via di sigarette sul balcone, corpi saturi incuranti del freddo, ma come è possibile che sia successo ancora?

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Poi a casa di mamma resta il campo di battaglia. E resto io. Perché a me il Natale piace e vado fino in fondo. Per rassettare tutto serviranno ore. Ci penseremo. Un’ultima sigaretta, le ultime recriminazioni, l’ultima grappa, l’ultima fetta di panettone. Poi via nel freddo, la tristezza di chi come me al Natale ci crede sempre, come un criceto nella ruota. Ma finisce sempre così. La stessa tristezza che provano quelli a cui il Natale non piace tout-court. Siamo uguali. Malinconici. Sopraffatti dal cibo. Senza tutto quel cibo non finiremmo così. È questa la magia del Natale.

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