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Cambio sesso a 13 anni, Marina Terragni: "Effetti spesso irreversibili dei farmaci. E poi c'è chi fa causa..."

di Claudia Osmettilunedì 22 dicembre 2025
Cambio sesso a 13 anni, Marina Terragni: "Effetti spesso irreversibili dei farmaci. E poi c'è chi fa causa..."

4' di lettura

«Il tema centrale è quello del consenso. Guardi, le faccio un esempio pratico». Marina Terragni è la garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza ed è, anzitutto, un persona preparata. Una che non parla a vanvera, che quello che dice lo supporta con fatti e studi e ricerche e a cui di entrare nel circo delle polemiche interessa poco o niente (infatti, in premessa di questa intervista, spiega: «Cosa sia successo al 13enne del Careggi non lo sappiamo, conosciamo a malapena le informazioni che sono uscite sulla stampa e quindi non commenterò l’accaduto perché non sarebbe corretto né tantomeno serio da parte mia»). «Lei ha presente il caso di Keira Bell?», domanda invece fin dall’inizio.

La ragazza transgender britannica che ha cambiato sesso quand’era minorenne e che poi ha fatto causa alla clinica pubblica inglese che l’ha seguita durante il percorso? Dottoressa Terragni, che c’entra?
«Keira l’ha detto in maniera molto chiara. Ha detto: “Io volevo diventare un uomo e mi ritrovo a essere una vecchietta con l’osteoporosi”. È una questione delicata».

Certamente. Però lei sottolineava l’importanza del consenso...
«Mi scusi, la fermo. Non è che lo sottolineo io. Tutti i Paesi occidentali stanno percorrendo questa strada. Mettiamola così: la questione del consenso è stata decisiva in ogni causa intrapresa contro la transizione precoce. Non c’è stata solo Keira Bell. In Svezia anche il Karolinska institutet, una clinica di genere, ha dovuto ammettere di aver gravemente danneggiato alcuni minori».

D’accordo. Ma il consenso è anzitutto difficile da individuare. A che età un ragazzino o una ragazzina ha piena coscienza di quello che sceglie?
«Per la legge italiana a diciotto anni. Per il resto non c’è un numero magico, com’è ovvio. Ed è proprio per questo che il rapporto Cass ha iniziato a parlare della necessità di passare da una terapia affermativa a un approccio olistico...».

Un attimo, mi scusi. Il rapporto Cass?
«In originale il Cass reviewfinal report del servizio sanitario britannico. È il documento che, in questi anni, ha dato la svolta sull’argomento».

Cos’è l’approccio olistico?
«In sostanza significa temporeggiare. L’approccio olistico è quello che dà prevalenza all’aspetto psicologico, che dice fermi-un-attimo-aspettiamo-vediamo-valutiamo. È lo stesso prospettato da un disegno di legge che abbiamo anche qui, in Italia. L’idea è d’inserire nei protocolli sperimentali l’eventuale uso di sostanze come la triptorelina e gli ormoni cross-sex, di dotarsi di tutta una serie di passaggi sorvegliati per evitare il rischio di interventi che possono essere in alcuni casi irreversibili».

Addirittura?
«Certo. Abbiamo visto molti detransitioners (i cosiddetti “pentiti” di aver cambiato sesso, ndr) come Keira Bell. Siamo onesti, è inutile che stiamo a raccontarci che la treptorelina è una cosa che la prendi per un periodo e quando smetti torna tutto come prima. La treptorelina è il bloccante della pubertà. Ci sono studi, ci sono carte documentate sui suoi effetti. Tant’è che nei bambini pazienti oncologici con una pubertà precoce la quale può, di per sé, creare problemi gravissimi, viene utilizzata dopo calcoli di costo-beneficio in termini di salute molto accurati e che i medici non fanno mai a cuor leggero».

Prendere tempo che vantaggi produce?
«Secondo molti pediatri è il nodo cruciale. Vede, nella stragrandissima maggioranza dei casi, questi ragazzi arrivano alla maggiorità e hanno “fatto pace” con il loro senso di nascita. Nessuno giudica nessuno, per carità. Ma in generale la legge si muove in questa direzione».

Che sembra un po’ anche quella del buonsenso. Voglio dire, quelle legate al sesso sono decisioni difficili per noi adulti, figuriamoci per un adolescente. No?
«Sono decisioni importanti, è ovvio. Che comportano, per esempio, dico la prima cosa che mi viene in mente, la compromissione delle proprie capacità riproduttive. Di nuovo: non lo dice Marina Terragni, lo dicono quelli di Wpath, forse la più grande associazione che si occupa di salute transgender del mondo».

Cioè?
«Anche loro hanno ammesso che il tema del consenso, in queste circostanze, è cruciale. Ma la sa una cosa? Proprio Wpath ha ricordato che alle volte, anzi spesso, nemmeno i genitori capiscono cosa stanno spiegando ai propri figli. Come fai, dopotutto, a chiarire in maniera esaustiva a un bambino di dodici, tredici anni che se decide di cambiare genere ora forse non riuscirà mai a diventare genitore? Quello vive nel qui e ora, non ci pensa al domani, non gli interessa».

Senta, all’estero, casi come quello del Careggi, ce ne sono molti?
«Probabilmente negli altri Paesi occidentali si verificano con una frequenza maggiore. C’è da aggiungere anche un’altra cosa. Una volta, per ottenere il cambio di genere sui documenti, la legge ti costringeva a sottoporti all’intervento chirurgico maggiore, quello sui genitali per capirci. Oggi, di fatto, questo aspetto è superato e si tratta di un passo nella direzione del cosiddetto “self-Id”, ossia dell’autocertificazione di genere, che altrove, come in Spagna o in Germania, c’è ma da noi no».

A proposito, da noi cosa dice la legge?
«Noi abbiamo una legge che è la numero 164 del 1982 e che regola i percorsi di chi intende cambiare genere. Genere, attenzione, e non sesso perché quello non lo si può modificare. Si possono fare tutte le terapie ormonali che si vogliono, ma se un individuo è nato XY, cioè maschio, resterà biologicamente XY per tutto il corso della sua vita e questo, per il corpo, significa che sarà per sempre soggetto a quelle patologie, per esempio, che attingono alla sfera maschile».