È un tema complesso. Di quelli che tirano in ballo più elementi, che trattarli per partito preso è il più grande errore si possa commettere, di quelli che hanno mille sfaccettature, mille rimandi e conseguenze. La disforia di genere e i ragazzini che a tredici, sedici anni decidono di cambiare sesso e iniziano un percorso ormonale coi cosiddetti “farmaci bloccanti della pubertà”: «In realtà, al momento», spiega Mara Campitiello, «non sappiamo con precisione quante prescrizioni vengano fatte per la triptorelina in Italia». Campitiello fa la ginecologa ed è a capo del dipartimento Prevenzione al ministero della Sanità. Parla chiaro. È precisa, puntuale. È abituata a guardare ai dati oggettivi prima che alle opinioni.
Dottoressa Campitiello, sta dicendo che, a dicembre del 2025, non è possibile neppure capire quanti adolescenti usino effettivamente la triptorelina?
«Sì, è così. Abbiamo fatto una richiesta alle Regioni. Solo alcune hanno risposto. Con dati disomogenei. Per questo abbiamo deciso di procedere con una proposta di legge sull’argomento».
Quale?
«I ministri della Sanità e della Famiglia – Schillaci e Roccella – stanno portando avanti un disegno di legge. Per regolare e soprattutto monitorare, attraverso un registro, le prescrizioni di questo farmaco e degli ormoni cross-sex per i minori. Il tutto, comunque, in attesa delle linee guida che verranno emanate di concerto con l’Istituto Superiore di Sanità».
A che punto è la legge?
«Sono appena terminate le audizioni alla Camera. Sono state sentite le società scientifiche, i rappresentanti. Ma abbiamo anche un tavolo in corso».
Cioè?
«Un tavolo sulla disforia di genere. Ventinove componenti. Lo coordino io assieme alla professoressa Assunta Morresi del ministero della Famiglia. Ha già prodotto un documento ricognitivo su diversi aspetti della disforia dei minori. Dalla diagnosi allo stato dell’arte. Compreso il consenso informato che è un argomento centrale».
Dove possiamo trovare questo documento?
«Non è ancora pubblico. Lo stiamo analizzando. Abbiamo in programma una riunione al rientro delle vacanze natalizie. Penso che per febbraio, o al limite per marzo, dovremmo esserci. È un atto meramente ricognitivo».
In che senso?
«Non prende nessuna decisione. Del resto non potremmo farlo. Le linee guida vengono varate di concerto con l’Istituto Superiore di Sanità».
Allora perché avete intrapreso questo lungo lavoro?
«Per una ragione semplicissima: c’è molta confusione sul trattamento riservato alla disforia di genere. Sull’utilizzo degli ormoni. Su tutto ciò che ne ruota attorno. Lo sa che, nel nostro Paese, praticamente ogni centro fa per sé?
Come le dicevo, a oggi non sappiamo quanti ragazzi assumono triptorelina durante un percorso per la disforia.
Non sappiamo in che quantità. Con che frequenza. Questo dà la misura di ciò di cui stiamo parlando. Abbiamo optato per un’opera di ricognizione per fotografare quello che sta succedendo».
Ci può anticipare qualcosa sull’esito?
«Nel documento viene data grande attenzione alla diagnosi. A come si arriva a fare questa diagnosi. Non solo alla terapia. Pensi alle sedute di psicoterapia, al percorso psicologico che necessariamente deve supportare questi ragazzi. Uno degli ambiti fondamentali è come accertarsi che si tratti di una disforia – quindi di una volontà reale di cambiare sesso – o non di un’altra psicopatologia. Perché dobbiamo essere onesti. Glielo dico senza preconcetti né posizioni assunte a priori: a volte ci sono solo confusioni che portano a delle crisi psicologiche. Non voglio minimizzarle, ci mancherebbe. Tuttavia è importante essere sicuri di quello che si sta facendo».
È anche giustissimo. L'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, cosa dice?
«L'Aifa ha redatto una delibera nel 2019 che ha introdotto la triptorelina off-label nell’elenco dei farmaci coperti dal servizio sanitario nazionale. Off-label significa “fuori dall'etichetta”: un farmaco creato per una patologia viene impiegato in un’altra. La delibera ha dato indicazioni sulla somministrazione in casi di disforia di genere, specificando anche la necessità del supporto psicologico. Ha spiegato molto bene perché, per somministrarla a chi soffre di disforia di genere, sia necessario un percorso di supporto e una valutazione anche psicologica. Noi abbiamo chiesto all'Aifa di occuparsi del registro in vista della nuova legge».
Il registro sul farmaco?
«Sì. L’Aifa è un ente vigilato dal ministero. Fa proprio questo. È l’ente più deputato a occuparsene perché conosce il meccanismo, che tra l’altro vale anche per altri farmaci. In questi giorni abbiamo fatto partire una richiesta specifica a riguardo».
Quello della disforia è un argomento assai delicato.
Qual è l’impostazione del ministero?
«Noi, come ministero della Salute, vogliamo essere vigili su questa tematica. Anche perché negli ultimi anni sono state avanzate delle denunce. Per esempio nei confronti dell’ospedale Careggi di Firenze sull’utilizzo improprio di questi farmaci. Ciò che a noi interessa è capire l’uso che ne viene fatto. In termini di appropriatezza clinica. Di che numeri stiamo parlando. Vogliamo occuparcene da un punto di vista medico, tecnico, scevro da ideologie politiche. Con l’unico obiettivo di tutelare questi ragazzi. Che spesso sono minorenni. E che, magari, non hanno ancora la piena consapevolezza di quello che vogliono».




