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Pansa profetico: Cairo al comando del Corsera? Un disastro per Renzi: "Che cosa gli accadrà"

Andrea Tempestini
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Venerdì sera, la Sette, ossia la terza emittente televisiva del Paese dopo la Rai e Mediaset, ci ha offerto una notizia e uno spettacolo importanti. Entrambi rivelano una verità che non sempre appare con chiarezza agli occhi dei tanti italiani che non si sono chiusi in casa e hanno ancora un po' di interesse per la politica. La notizia riguarda un possibile cambio di guardia nella proprietà del primo quotidiano italiano, il Corriere della Sera. Un finanziere noto anche al pubblico, Urbano Cairo, ha annunciato di voler comprare il giornale di via Solferino insieme alla Gazzetta dello sport. E ha spiegato come intende procedere alla conquista, attraverso un'operazione che i lettori del Bestiario hanno trovato descritta sabato nelle pagine economiche di Libero. Cairo è un personaggio dalle molte facce. La vasta tribù degli appassionati di calcio lo conosce come il proprietario della squadra del Torino, al momento collocata così così nella classifica della serie A. Gli italiani che amano la televisione sanno che è il proprietario totale della Sette. Ma Cairo si occupa anche di media stampati. Possiede settimanali molto diffusi, una casa editrice, non ancora di prima fila, e ha soprattutto una gran voglia di sfondare nel mondo dei giornaloni. Infatti era già un azionista non secondario nella proprietà del «Corrierone». In maggio Cairo compirà 59 anni, un'età giovanile per i grandi padroni italiani. In più ha la fama del duro, ossia dell'imprenditore che non lascia a metà un assalto. Se decide di scalare la parete nord dell'Eiger con le scarpe da tennis, neppure in quel caso si fermerà. La sua origine alessandrina ci suggerisce un carattere molto spigoloso, come succede sempre ai mandrogni, i soli rivali che noi monferrini temiamo. Cairo avrà bisogno di tutta la propria ruvida energia. Per evitare i colpi bassi di un altro signore impastato di carogneria. Un quarantenne pronto a tutto che si chiama Matteo Renzi. Il Bestiario non sa ancora come reagirà il capo del Giglio Magico all'assalto del mandrogno che vuole il Corriere. Ma persino un bambino non sbaglierebbe nel prevedere che il Ganassa di Palazzo Chigi non sarà per niente felice di quanto può avvenire in via Solferino. Renzi non farà salti di gioia, soprattutto dopo aver visto la puntata di venerdì di «Crozza nel Paese delle meraviglie», trasmessa come sempre dalla tivù di Cairo. Tutti sanno chi è Maurizio Crozza, 57 anni, genovese, tifoso della Sampdoria, oggi il numero uno degli autori e degli attori comici in Italia. Immagino che anche Crozza stia sullo stomaco a Renzi. Lo presenta sempre come un bamboccio un po' coglione che si dà l'aria del furbastro. Le imitazioni crozziane sono al vetriolo. Persino quando prende di mira papa Bergoglio. Figuratevi che cosa succede se nel mirino mette l'uomo di Palazzo Chigi. Tuttavia venerdì sera, proprio mentre Cairo annunciava di voler comprarsi il Corriere, Crozza ci ha presentato un Renzi come non aveva mai osato fare. Un pupazzo non soltanto infantile e vanesio, ma alle prese con una storia d'amore e di sesso fino a oggi rimasta nel retrobottega dei pettegolezzi. Crozza ce l'ha spiattellata senza misericordia. Mostrandoci il premier e la ministra Maria Elena Boschi come due amanti che non si nascondono più. Pensano soltanto a baciarsi, si accarezzano, si toccano e stanno per scaraventarsi su un letto. Per fare tutte le cosacce che sono la specialità dei morosi disinibiti e clandestini. Uno spettacolo a luci rosse, inedito in televisione. Con una ragazza bionda, dal sex appeal un po' gelido, che interpretava Maria Elena, ministra per le Riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. In questo momento di nuovo sulle prime pagine di tutti i giornali, stavolta per l'inghippo del petrolio in Basilicata che ha costretto alle dimissioni un'altra signora ministro, Federica Guidi, già responsabile dello Sviluppo economico. Che cosa ci suggerisce il combinato disposto tra la mossa di Cairo sul Corriere e il sarcasmo feroce di Crozza sulla presunta intesa amorosa tra Maria Elena e Matteuccio? In apparenza non suggerisce niente. Tranne una domanda che è inevitabile proporci. Un governo forte, guidato da un premier imbattibile, sostenuto dal favore entusiasta di milioni di elettori, verrebbe dileggiato, sbertucciato e preso a pernacchie come accade sempre più spesso a Renzi? Penso proprio di no. L'Italia non è l'Egitto di Al Sisi, da noi non esistono squadroni della morte, nessun oppositore, anche il più testardo, rischia di essere rapito, torturato per giorni, ucciso e gettato nella cunetta di un'autostrada, la fine che di solito tocca ai cani randagi investiti da un camion. Ma se l'Italia resta sempre una democrazia pacifica non è merito di Renzi, bensì di tutti noi, a volte propensi a contestare un governo sgradito, ma senza diventare l'inferno che ha bruciato l'esistenza di Giulio Regeni. Eppure se osserviamo quello che sta accadendo a Palazzo Chigi, è difficile sottrarsi a un sospetto. Per il regime familistico, amicale e clientelare che il premier ha costruito nei due anni di potere politico, forse sono in arrivo giorni molto difficili. E i guai che sta passando potrebbero segnare la fine anticipata di un ciclo. Tanti anni di lavoro nei giornali mi hanno insegnato a muovermi con cautela. E a non trarre conclusioni affrettate da segnali che potrebbero rivelarsi di fumo. Tuttavia stiamo osservando troppe novità sorprendenti. Una ministra si dimette per aver favorito un moroso con pretese di combinare affari. E che per di più la maltrattava come se fosse «una sguattera del Guatemala». Un altro ministro deve difendersi da dossier infamanti che lo dipingono, credo a torto, intimo di famiglie calabresi legate alla criminalità organizzata. Un'altra ministra dovrà respingere l'accusa di aver presentato un emendamento che sblocca l'estrazione e il trasporto del petrolio di una società francese. Come se non bastasse, il clima politico si sta arroventando per le mozioni di sfiducia presentate contro il governo dalle opposizioni. Il 5 giugno si voterà per rinnovare le amministrazioni in città importanti e non esistono vincitori certi. I nostri rapporti con l'Europa sembrano diventati sempre più tesi. La crisi economica non è per niente risolta. Cresce il numero dei giovani che non trovano lavoro. Tanto che Mario Draghi, il governatore della Banca centrale europea, ha avvertito i governi nazionali che rischiamo di perdere la generazione più istruita, ma anche la più sfortunata perché corre il pericolo di restare disoccupata a lungo. Infine su tutto questo scenario dominato da previsioni nere incombe il gigantesco problema dei migranti. Il numero di quanti sbarcano in Italia arrivando dalla Libia e dall'Africa centrale si sta moltiplicando. C'è il timore che tra poco tempo il governo italiano non sia più in grado di arginare, o per lo meno di controllare, quella che ormai sembra un'invasione. Morale della favola? Palazzo Chigi rischia di sembrare un fragile castello messo insieme con le carte da gioco. Sino a qualche tempo fa era insidiato da pochi gufi che non credevano ai miracoli renzisti. Poi sono arrivate le crisi di ministri costretti alle dimissioni o a respingere dossier infamanti. Adesso si mette di traverso il magico Crozza. Forse il grande Renzi dovrebbe convocare un esorcista che lo aiuti a evitare una catastrofe. di Giampaolo Pansa

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