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Giovanni Masotti rivela: "La Rai mi chiuse perché sono di centrodestra"

Davide Locano
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«Ho fatto l'unico talk-show politico dichiaratamente di centrodestra nella storia del servizio pubblico. Si chiamava Punto e a capo, su Raidue, il giovedì alle 21, in quello che era stato lo spazio di Michele Santoro». La voce, sempre calda e pastosa, è quella di Giovanni Masotti. Il giornalista che ha raccontato per anni la politica italiana sul Tg2 prima e Tg1 poi. Il cronista che ha anche descritto i cambiamenti dell'Europa da varie latitudini (Bruxelles, Londra e Mosca), come corrispondente. Che cosa ricorda di “Punto e a capo”? «Venni crocifisso e massacrato, portando comunque a termine la stagione con una media del 10-11 % di share. Non vissi, naturalmente, una seconda stagione. E venni spedito all'estero come corrispondente». Come arrivò a quella conduzione? «Avevo finito di fare il corrispodente da Bruxelles e mi chiesero di fare un programma di informazione politica. Il peccato originale, che ha segnato quella mia esperienza, fu che quello spazio era stato in precedenza di Michele Santoro». Leggi anche: Feltri: "Chi deve essere cacciato dalla Rai" Un cambio radicale come impostazione di un programma di informazione politica? «Decisamente. Anche perché nella prima puntata io dichiarai, nel mio editoriale di esordio, che sarebbe stata una trasmissione di centrodestra, perché io ero e sono di centrodestra. Ma ovviamente il programma è e dovrà essere aperto tutti, spiegai». Quale furono le reazioni? «Fui definito il manganellatore elettronico dalla maggioranza dei giornali. E anche qualche quotidiano cosiddetto “amico” non mi sostenne anche quando trattai temi come l'intolleranza religiosa dei musulmani». A che cosa si riferisce? «La mia trasmissione è stata la prima a parlare e trasmettere il cortometraggio Submission di Theo Van Gogh. Quel Van Gogh ucciso poi dagli integralisti islamici per aver raccontato delle donne maltrattate nelle famiglie musulmane. Feci anche una trasmissione sulle storture dell'Europa, quando Prodi era presidente della Commissione europea. Altri scoop? «Mandai in onda il famoso video di Cannavaro mentre si faceva una flebo nello spogliatoio dello stadio di Mosca prima della finale di Coppa Uefa vinta dal Parma nel 1999». Cambiò qualcosa? «No, per nulla. Addirittura sui giornali cominciarono a chiamarci la banda Masotti. Con me c'era Daniela Vergara che si occupava della seconda parte della trasmissione, quella dedicata al talk più classico, a lei più adatto». E gli ascolti come erano? «Dopo un inizio stentato decidemmo che il conduttore doveva essere uno solo. Così rimasi solo e chiudemmo con 33 puntate fino a meta luglio, con picchi di ascolto del 14%». Lei era soddisfatto? «Se si vanno a vedere i dati del primo e del secondo anno del Ballarò di Floris, si noterà che la trasmissione viaggiava tra il 4 e il 5%». E allora come si spiega la chiusura? «Un programma di informazione politica ha bisogno di farsi conoscere, di mettere radici. E siccome la sinistra sapeva benissimo che io le radici le stavo mettendo inziò un fuoco di sbarramento». E la sua parte politica non la difese? «L'allora presidente della Rai, Claudio Petruccioli, continuava a darmi ultimatum e scadenze prima che partisse la seconda stagione. Io, stanco e sfiduciato, dichiarai ad una agenzia di sentirmi un “perseguitato politico”: fu la mia fine». Nessuno dal centrodestra però alzò un dito in mia difesa. Anzi, dopo quella mika dichiarazione, fu convocato d'urgenza il cda Rai che votò la fine del mio programma. Fui fatto fuori dal “fuoco amico” perchê i consiglieri di opposizione votarono assieme, tranne un'astesnione, al Pd e ai centristi. di Giampiero De Chiara

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