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Marcello Foa, non solo Berlusconi: chi lo ha davvero pugnalato

Matteo Legnani
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C' è qualcosa di grottesco e brutale nel trattamento inflitto da ex amici e nuovi nemici a Marcello Foa, presidente in pectore del consiglio d' amministrazione Rai sul quale - dopo la sfiducia della commissione parlamentare di Vigilanza - incombe l' ordalia di mercoledì, quando il cda dovrà riesaminare il suo caso. L' aspetto ridicolo della vicenda sta nel fatto che un giornalista di specchiata scuola montanelliana e dal valore internazionale, nonché manager italiano in Svizzera (Gruppo Corriere del Ticino) con entrature forti nell' élite transalpina che vive e lavora in Italia (i suoi figli studiano o hanno studiato nelle migliori scuole francesi di Milano), oggi debba ancora subire il "fuoco amico" del proprio Giornale, in omaggio a un malinteso senso di rispetto verso Forza Italia. Leggi anche: Rai, le conseguenze dello stallo su Foa: o programmi che rischiamo di non vedere più Come noto, infatti, Foa è un nome suggerito all' azionista di maggioranza da Matteo Salvini senza consultare preventivamente Silvio Berlusconi, il cui assenso è determinante in Vigilanza per raggiungere il quorum dei due terzi. La reazione del Cav -  Si sa che il Cavaliere l' ha presa male, ne ha fatto una questione di metodo e non di merito (parole sue). Dopodiché, giunte le tardive spiegazioni del leader leghista, ha oscillato tra il via libera e una neutralità passiva sulla quale si è innestata la contrarietà maggioritaria dei dirigenti forzisti. Nulla d' illegittimo o di particolarmente inedito: la politica è fatta anche di gesti simbolici o di rigidità tattiche e temporanee. Stupisce invece che in questa circostanza, malgrado il benevolo imbarazzo del direttore Alessandro Sallusti - che di Foa è un estimatore e che ha ricevuto una selva di commenti e di lettere infuocate da parte di lettori solidali con il giornalista vittimizzato -, sia mancata proprio la solidarietà dei colleghi. E volutamente non ho scritto "ex colleghi" perché ancora oggi Foa è un blogger del Giornale.it. Dai colleghi ci guardi il dio, dunque, Mercurio alato che presiede alle frasi ben costrutte di cui Foa è ottimo frequentatore. Ma dai nemici chi proteggerà Marcello? E soprattutto, chi sono davvero i suoi nemici? Della pubblica accusa fanno parte in larga misura gli odiatori di Salvini che, da sinistra a destra, temono la sua ascesa e indicano in Foa un sovranista dalle venature radicali, se non addirittura un propalatore di bufale per aver egli rilanciato una vecchia indiscrezione su presunte inclinazioni sataniste della cerchia clintoniana. Da ciò, questi rumorosi antipatizzanti traggono ragioni per bandirlo a forza da un "ruolo di garanzia" di cui non sarebbe all' altezza. Evidentemente non è più soltanto una questione di metodo ma pure di merito: singolare posizione, questa, sostenuta con toni allarmistici da chi per anni ha convalidato l' occupazione militare e sistematica d' ogni luogo di potere da parte berlusconiana o renziana, in nome di uno spoils system al quale tutti avremmo dovuto abituarci. Adesso che la ruota della Fortuna s' è fermata sulla casella del populismo, l' unità di misura è improvvisamente cambiata? Senza contare, aggiungiamo, che alla vigilia dell' insediamento non esiste in natura alcuna figura al contempo autorevole e di garanzia. Vale per i presidenti Rai così come per quelli delle Camere e su su fino al Quirinale: è l' ingresso nel ruolo istituzionale a determinare lo stile di una precisa azione bipartisan. Le prime parole di Foa, al riguardo, potevano soltanto far ben sperare. Gli altri nemici - Esistono poi altri nemici meno visibili ma non sempre occulti: il così detto Partito francese annidato anche in Italia e che Foa sa riconoscere, avendo le sue entrature nella Milano prescelta da quella finanza italiana di nome ma transalpina di fatto (da Unicredit a Generali) legata a doppio filo con l' Eliseo e con le sue centrali dell' informazione riconducibili a Jacques Attali, l' oligarca inventore di Emmanuel Macron. Gli appetiti francesi verso i media italiani sono già testimoniati dal fragoroso e ancora irrisolto conflitto fra gli ex amici Vincent Bolloré e Silvio Berlusconi per il controllo di Mediaset. Chi conosce i «luoghi della decisione» parigini e milanesi e romani, in queste ore non fatica a rintracciare analogie eloquenti nella tortuosa condizione in cui si trovano la Rai e il suo presidente indicato Foa, persona mite e professionista di qualità circondato da interessi nazionali superiori e confliggenti. Come andrà a finire? Protetti dall' anonimato, alcuni dirigenti di Forza Italia si stanno impegnando per un incontro pacificatorio tra Salvini e Berlusconi, presente Giorgia Meloni, cui dovrebbe seguire un ripensamento favorevole sul nome di Foa. Auguri disillusi ma di cuore. di Alessandro Giuli

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