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Nucleare, il quesito più pubblicizzato è quello che non cambierà nulla

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"No alle centrali atomiche". Peccato che il governo abbia già detto stop al programma della loro costruzione in attesa di maggiori garanzie. Il rischio è un altro pasticcio in stile post-Chernobyl

Giulio Bucchi
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Il referendum del 12 e 13 giugno è abrogativo. Si vota SI' per abrogare (annullare) la legge già in vigore. Votando NO, ci si dichiara d'accordo con la normativa già approvata dal Parlamento. Per essere valido, il Referendum deve superare il quorum del 50% più uno dei votanti. COSTRUZIONE DI CENTRALI NUCLEARI Il quesito (SCHEDA GRIGIA) "Nuove centrali per la produzione di energia nucleare. Abrogazione parziale di norme""Volete voi che sia abrogato il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, limitatamente alle seguenti parti: art. 7, comma 1, lettera d: realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare?". Votando SI': si dice NO al ritorno del nucleare in Italia. LA POSIZIONE DI LIBEROE' il quesito più controverso e quello che avrà minori conseguenze, comunque vada. La Corte Costituzionale ha recentemente dato l'ok al voto sebbene il governo abbia ritirato il piano di costruzione di nuove centrali nucleari. Con l'emendamento al decreto Omnibus, convertito in legge il 26 maggio, è stata infatti modificata la normativa "congelando" il programma nucleare e concedendo al governo di tornare eventualmente in seguito sulla questione dell'uso dell'energia atomica in Italia una volta acquisite nuove evidenze scientifiche mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza, tenendo conto dello sviluppo tecnologico e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea. Il governo Berlusconi ha agito in linea con i più importanti governi europei, dalla Germania alla Svizzera, che dopo il disastro di Fukushima hanno deciso di dire stop alle centrali nucleari nei prossimi decenni. Gli anti-nuclearisti sostengono i rischi per la sicurezza in caso di incidenti e la questione dello smaltimento delle scorie radioattive, ma non accennano al problema del fabbisogno energetico: le energie alternative, da sole, non bastano. C'è poi il problema dell'acquisto di energia: oggi, e nei prossimi anni, l'Italia sarà costretta a comprare energia elettrica dall'Estero, prodotta da centrali nucleari il più delle volte di vecchia generazione (quindi a più alto rischio di incidenti) e piazzate strategicamente nei pressi dei confini italiani. In caso di fuoriuscite radioattive, insomma, saremmo esposti comunque a rischi con la beffa di averli pagati profumatamente. Il vero rischio, dunque, è di perdere un altro treno come già accaduto nel referendum post-Chernobyl, negli anni Ottanta, che bloccò il piano atomico italiano.

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