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Mediaset, è una rivoluzione. Rete4 stravolta: in cosa la trasforma Pier Silvio

Maria Pezzi
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A parte una puntina di vivido autocompiacimento -comune a tutti i primattori- Gerardo Greco detto Gerry, col suo doppio registro audiotelevisivo, è uno dei migliori giornalisti sulla piazza. Detto in tempi non sospetti. Non stupisce quindi che, dopo mesi di corteggiamento sottile e serrato dal Mike Pompeo di Mediaset, il capo dell' informazione Mauro Crippa, Gerry abbia -di fatto- accettato di mollare Radio1 Rai per avventurarsi nei meandri della nuova Rete4 in vena di rivoluzione. Il canale ben diretto da Sebastiano Lombardi vedrà dunque l' entrata di Greco come direttore del Tg - e probabile volto delle 19- nonché come conduttore di una prima serata politica virata più sulla cronaca e sul sociale. A cui s' affiancherà un' altra prima serata di Nicola Porro, più economico/politica, oltre alla vera novità della stagione: il ritorno di Barbara Palombelli alla politica-politicata in funzione anti-Lilli Gruber. Quando il gossip su Greco s' è trasformato in notizia sono stato attraversarto da un brivido, un mix vaporoso di entusiasmo e smarrimento. Perché, sulla carta l' operazione ha una dirompente carica d' innovazione, al pari, nel settore infotainment dell' arruolamento di Roberto Giacobbo. Greco, che, nei gesti, opere e omissioni è l' esatto opposto del predecessore Mario Giordano, sarebbe stato chiamato per modificare il volto dell' informazione di Rete4 rendendola meno urlata e «più autorevole, dato che gli anni scorsi la politica antigovernativa e molto filoleghista e M5S non ci ha favorito, anzi...» (ci racconta un dirigente Mediaset). Per approfondire leggi anche: Colpaccio della Palombelli, chi fa fuori E ci può stare. Greco e Palombelli, Ettore Fieramosca e Giovanna D' Arco baluardi contro le corazzate avversarie del Tg3 e di Otto e mezzo -specie in access time- sono una notevole suggestione. A questo s' aggiunga che il romanissimo Gerry, dato che il romanzone della politica si racconta a Roma, ha chiesto di rimanere nella Capitale accreditato di rinforzi giornalistici. Proprio in un momento in cui Mediaset sta pensando -sulla scia di Sky- di smantellare il grosso delle redazione romana rendendola corposo ufficio di corrispondenza. E ci sta assolutamente: Greco prima con la gestione quotidiana di Agorà su Raitre e poi con quella totalizzante di RaiRadio1 ha dimostrato di ottenere alti ascolti e di essere il metronomo perfetto delle tematiche politiche, specie con sfondo migranti e diritti civili. E questa sarebbe una ventata d' entusiasmo e -se vogliamo- di aria fresca nella un po' stantia dell' informazione Mediaset. Poi, però c' è la sensazione -mia, del tutto personale- di smarrimento. Chi conosce i meccanismi dell' informazione del Biscione sa che la forza - e talora la debolezza- di Mediaset sta nella tradizione di sintonizzarsi sulle viscere del suo pubblico storico, molto pop e molto di destra; e questa operazione si concretizza solo centralizzando il più possibile la gestione dei tg. Le cui linee editoriali, in pratica, sono gestite dalla direzione centrale, dallo stesso Crippa e dalla sua vision. E Crippa dirige l' orchestra non ammettendo sbavature nella partitura. Con un piglio simpaticamente ed efficacemente dittatoriale, simile a quello di Mentana a La7, moltiplicato al quadrato. Il problema di Greco è che è un rompicoglioni di talento. È la sua forza e, talora, la sua debolezza: amico di tutti ma poco propenso agli spartiti altrui. Il compromesso verso una gestione più liberal delle notizie forse farebbe bene a Mediaset. O forse no. Ricordo un tentativo simile, pochi anni fa con Cecchi Paone, buono in tutto tranne che negli ascolti. Ma la politica e la tv si evolvono. Le novità sono sempre benvenute... di Francesco Specchia

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