Fabrizio Corona da Giletti contro Gino Paoli e Pavarotti
Ci sono vari motivi se La versione di Corona (nel senso di Fabrizio, star del gossip e galeotto irredento) puntata di chiusura di Non è l' Arena ha registrato il picco personale d' ascolti, 9.19% di share per 1 milione 729mila spettatori. Ci sono vari motivi per piazzare quel carico di tristezza, di voyeurismo e di livida sguaiatezza umana in prima serata, sulla rete dell' informazione distillata. E sono tutti motivi sbagliati. Perché, certo, a qualcuno, sulla carta, potrebbero ancora interessare la sua mezza dozzina di condanne e imputazioni per tentata truffa, detenzione di banconote false, corruzione, bancarotta fraudolenta, evasione fiscale. E, certo c' è ancora chi potrebbe provare interesse per il sorriso beffardo e supponente davanti alla legge offerto da Corona, l' uomo dall' etica desaparecida con un ego più grande della fedina penale. Corona. Uno che dà del cretino a tutti, animato da un' inquietante arroganza, a metà tra il Marchese del Grillo e il Robert De Niro evaso tatuato nel film noir Il promontorio della paura. Però, anche a quest' ossessivo frugare dal buco delle serratura catodico sulla sua vita, c' è un limite. Ed è quello dell' offesa personale, dell' educazione. Di Corona, l' altra sera, nell' apoteosi del suo canto libero davanti a Massimo Giletti s' è persa l' epopea delle narrazione. Ma sono rimaste le offese a Giampiero Mughini, uno non simpaticissimo ma che comunque nel giornalismo culturale italiano qualche traccia l' ha lasciata: «Sei vestito come un pirla. Ti compro e ti metto in giardino a scrivere libri che neanche sai scrivere, magari ne vendi uno». A cui s' è aggiunto il raffinato invito «Ma vai a cagare!». Ed è rimasta, di quella «trionfale» performance tv, l' accusa a Don Mazzi. Il quale prima l' aveva accolto nella sua comunità e poi, resosi conto dell' inutilità della rieducazione l' aveva rinnegato. «L' avrò visto due volte. Se lui deve farsi pubblicità col mio nome facciamo un contratto di pubbliche relazioni, mi paga qualcosina e magari lo aiuto. Detto questo, anche il mio autista lo fermano per strada gli chiedono l' autografo e gli chiedono di me», ha monologato a ritmo tracimante Fabrizio, aggiungendo «Mazzi si deve calmare e deve appendere il crocefisso al chiodo» (e dove se lo deve appendere il crocefisso? Sul frigo, in auto accanto all' arbre magique?); e «se vogliamo aprire un' inchiesta su Don Mazzi, la cosa è più grande di voi...». E qui uno può sospettare che Mazzi, dietro la copertura di Exodus nasconda la tratta delle bianche o il contrabbando di armi nucleari. Per approfondire leggi anche: Corona sculaccia Mughini: "Ti compro" Non è tutto. A pelle, di questa serata straniante su La7, condita dalla presenza dell' avvocato di Corona stesso, si sono stratificate nella memoria collettiva: le accuse velate a magistratura e polizia; le stupefacenti - in senso farmacologico risposte dell' amica di Corona che gli nascondeva 1,7 milioni di euro nel controsoffitto («Sarebbe serviti a pagare le tasse...»); gli attacchi a Gino Paoli e Pavarotti («Perché loro non sono finiti in galera?»); le fotografie di Corona e fidanzata in topless su uno yacht a godersi la libertà vigilata e questo, onestamente, non è provocazione, è vanità masochistica. Mi fossi prodotto io in questa irresistibile progressione, l' impressione non sarebbe stata quella del criminale, ma del coglione. In realtà, caro Massimo Giletti, Corona davvero non è San Francesco. E il suo caso si legge su due piani: quello processuale (e qui può aver ragione, ma lo si discute in tribunale) e quello etico, appannaggio della pubblica piazza. Nel suddetto frangente, il riscontro morale, al dì là di quello dell' ascolto, suona urticante e dannoso per la creazione di modelli, soprattutto per i nostri figli. Davvero, con tutto il rispetto, non c' erano altri argomenti da trattare...? riproduzione riservata Massimo Giletti e Fabrizio Corona domenica in tv a «Non è l' Arena»