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Amadeus, il periodo più buio della sua carriera: "Sono salvo grazie a mia moglie"

Gino Coala
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Una media di 3.767.000 telespettatori, pari al 21,6% di share, nelle quattro puntate: Ora o mai più, il programma sperimentato da Amadeus nella prima serata di Raiuno in questo inizio d' estate, si è rivelato vincente, pronto ad essere riproposto. E per il conduttore è stato il coronamento di una stagione di successi. Leggi anche: Frizzi, il ricordo di Amadeus che commuove Rita Dalla Chiesa: "Il pubblico in piedi che applaude..." Si aspettava questi ascolti? «No, onestamente nessuno poteva immaginarsi che avremmo superato il 20%, avrei firmato anche per meno. Anche perché era un esperimento, non è sempre facile proporre la musica in tv. Sono felice che il pubblico abbia apprezzato una formula semplice ma accattivante, che ci ha permesso di riascoltare canzoni bellissime, e per una volta siamo noi italiani a vendere un format all' estero invece di comprarlo, perché già 6-7 Paesi hanno mostrato interesse per questo programma, scritto da Carlo Conti e Pasquale Romano con un team di autori bravi». Ci sarà dunque una seconda edizione? «Sì perché un programma così va riconfermato, ma non so quando potrebbe tornare in onda, sarà la rete a trovare la giusta collocazione. Di artisti spariti per diversi anni ce ne sono tanti, in questa prima edizione abbiamo avuto un bellissimo cast e credo che le luci si siano riaccese per tutti e otto e non solo per chi ha vinto, perché si sono rimessi in gioco. Quando sparisci per tanti anni c' è sofferenza, non è psicologicamente facile non riuscire a riemergere». Lei ne sa qualcosa. «Sì, quando ho lasciato l' Eredità per passare a Mediaset, nel 2006, ho attraversato un momento buio: avrei dovuto fare il preserale per tre anni e invece è durata tre mesi o poco più e per quasi tre anni sono stato di fatto escluso, dimenticato, il telefono non squillava e i produttori non avevano tempo per me. Ma non mi sono abbattuto, avevo solo rabbia verso me stesso per essermi fidato e affidato. E, come dicono a Napoli, ho tirato fuori la "cazzimma"». Cosa ha imparato da questa storia? «A ragionare con la mia testa e a fidarmi solo di me stesso e di mia moglie, perché lei mi aveva consigliato di non fare quella scelta. E ho capito che la mia casa è la Rai, perché anche se sono nato in Mediaset, con Deejay Television, è in Rai che sono stato consacrato e il pubblico quando sono andato via ci è rimasto male». Come ha fatto a risalire la china? «Mi sono rimboccato le maniche e ho ricominciato daccapo, dalla radio, prima una volta a settimana e poi tutti i giorni: è stata una seconda giovinezza, con più esperienza ma mantenendo lo stesso entusiasmo. Poi Michele Guardì e la Rai mi hanno proposto Mezzogiorno in famiglia: forse in passato non avrei accettato un programma in onda solo nel weekend, ma in quel momento per me è stata una proposta fantastica. E infatti sono rimasto per sette anni, per gratitudine, anche quando avevo ripreso a fare il preserale di Raiuno con Reazione a catena. Non sono tipo da grazie e arrivederci». A proposito, cosa pensa di Gabriele Corsi al suo posto al timone di Reazione a catena? «Confesso di non aver visto la nuova edizione, in generale non mi piace guardare le cose che ho fatto io, per non essere portato a giudicare. Quando lascio un programma non me ne occupo più: è come quando lasci una fidanzata, poi non vai a vedere se esce con un altro». Tra le sue "ex fidanzate" c' è anche L' Eredità: prima di affidare la nuova edizione a Flavio Insinna l' hanno proposta a lei? «No, perché facendo già Soliti ignoti ho già un quotidiano, che è stato un crescendo e che ho adattato alle mie corde. Con Fabrizio (Frizzi, ndr) ci scherzavamo su, lui mi diceva "guarda il caso, io faccio L' Eredità che era tua e tu Soliti ignoti che facevo io. Vabbè, se ti stanchi, per qualche giorno facciamo a cambio"». Oltre a condurre programmi tv, ne ha "scoperti" diversi. Uno è proprio L' Eredità. «Sì, ho visto il format argentino El legado e l' ho proposto all' allora direttore di Raiuno, Fabrizio Del Noce, che ne cercava uno per il preserale per la rete. All' epoca non esisteva una conduzione al centro e sembrava una follia, invece è diventato il programma più longevo di quella fascia oraria, in onda da 16 anni, è un orgoglio. Anche Caduta libera l' ho portato io in Italia: si sarebbe dovuto intitolare Attento che cadi, poi è finito in un cassetto e alla fine è diventato il preserale di Canale 5». Anche Stasera tutto è possibile, che riprenderà a settembre, nasce da una sua idea? «No, lo avevo visto mentre ero in vacanza a Parigi e l' avevo trovato fortissimo ma pensavo che fosse troppo strano per l' Italia. Quando me lo hanno proposto sono stato contento, sono andato anche in Francia per parlare con Arthur, il conduttore, e nella prossima edizione ci saranno giochi nuovi e stanze inclinate ancora più divertenti. Per me condurlo è come andare al bar con gli amici e la collocazione è giusta perché su Raidue non hai la preoccupazione di un punto in più o in meno di share. E poi è il programma preferito di mio figlio: se lo lasciassi lui non mi rivolgerebbe più la parola». Le manca il programma di musica per eccellenza, Sanremo. «Quando le persone per strada ti chiedono quando te lo faranno fare, lo prendi come un complimento. Chissà se riuscirò una volta. Certo Sanremo lo devi fare bene, con un gruppo forte di autori, perché lì davvero è "ora o mai più", non hai una seconda chance. Se te lo fanno fare e lo fai bene è una delle più grandi soddisfazioni per chi fa il mio mestiere, ma non è un cruccio non averlo ancora fatto, né lo sarebbe se non mi si dovesse mai presentare l' occasione». di Donatella Aragozzini

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