Cerca
Logo
Cerca
+

Valeria Marini sovranista: "Giorgia Meloni? La sogno premier"

Davide Locano
  • a
  • a
  • a

Ormai solo una diva ci può salvare. Dopo aver avuto tecnici, comici e avvocaticchi in politica, sarebbe il caso di puntare su una showgirl. E sognare di avere, come prima donna presidente della Repubblica, una primadonna dello spettacolo. È perciò non tanto un gioco surreale ma uno scenario auspicabile quello rappresentato nella pièce La presidente, scritta e diretta da Pier Francesco Pingitore e in cartellone fino al 23 febbraio al Salone Margherita di Roma, lo storico teatro del Bagaglino, in cui a venire eletta al Quirinale è la stella femminile per eccellenza, ossia Valeria Marini. Avete capito bene: non Marini Franco, il vecchio notabile eletto alla presidenza del Senato tredici anni orsono, ma Marini Valeria. Uno scarto epocale, per genere, anagrafe e avvenenza, rispetto all' attuale inquilino del Quirinale: dal bianco per antico pelo Mattarella alla biondissima e dirompente Valeria. Leggi anche: Mes, Giorgia Meloni fulmina Paolo Gentiloni La sua elezione avviene il 27 gennaio 2022. «Dopo molte votazioni», ci spiega Pingitore, «i partiti quasi all' unanimità votano la Marini. Non si conoscono bene i retroscena, ma probabilmente una serie di veti incrociati portano a questa soluzione. La vera ipotesi fantasiosa tuttavia è che, al momento dell' elezione, sia ancora in carica il governo Conte Bis. Ho la sensazione che non solo non durerà fino a quella data, ma neppure fino al prossimo febbraio: mi sa pertanto che dovrò mettere mano allo spettacolo, prima che termini la programmazione» (sorride). RUOLO ISTITUZIONALE Nello spettacolo la Marini, dismesse le vesti di diva, si cala nel ruolo istituzionale, diventando una via di mezzo tra Napolitano e Mattarella, ci dice Pingitore, «imparziale come il secondo, ma interventista come il primo, nel momento in cui capisce che spetta a lei trovare una soluzione per salvare l' Italia». Allo stesso tempo però, pur donna, non cede alle lusinghe del politicamente corretto femminista, si fa chiamare «la presidente» e non «la presidenta» o «la presidentessa», come forse sognerebbe la Boldrini. E respinge le avances dei potenti e gli opportunismi di chi vorrebbe tirarla per la giacchetta. «La sua avvenenza», continua Pingitore, «porta Trump a farle un approccio. Ma lei lo mette subito apposto, e volano schiaffoni. Poi la Marini incontra Greta: la ragazzina espone in maniera accanita le sue teorie, suscitando la comprensione della presidente che tuttavia non le dà retta. E ancora riceve Carola: la Rackete vorrebbe che i migranti vengano ospitati nelle mille stanze del Quirinale, ma la Marini le risponde no: nelle stanze ci sono già degli occupanti abusivi che non si vogliono schiodare». La presidente si imbatte anche nei protagonisti della politica italiana: «Deve frenare la smania di Salvini», ci dice il regista, «che non vede l' ora di tornare alle elezioni, avere a che fare con Di Maio che si atteggia a furbo ma appare buffo, dialogare con Conte, rappresentato nella mania leguleia di precisare tutti i punti e nella voglia di stare attaccato alla poltrona, e fare i conti con Renzi che freme per riprendersi il potere. Insomma, si fa la caricatura di una situazione che è già di per sé una grande caricatura». Ecco allora che una svolta seria potrebbe essere quella di affidare i principali incarichi alle donne. «Le cose andrebbero sicuramente meglio», garantisce Pingitore. «Loro hanno più carica positiva, sono più attive e con una visione a lungo termine». È d' accordo Valeria Marini che, immaginandosi al Quirinale, sogna di essere affiancata da un' altra donna illustre. «Sarebbe bello», ci dice, «se diventasse premier Giorgia Meloni. Lei ha tutta la mia stima. Mi piace quello che dice, è una donna di grande forza, con le idee chiare e che va al sodo. A volte può sembrare troppo diretta, ma parla sempre per tentare di risolvere problemi. Mentre gli altri politici sembrano più impegnati a litigare che a rifare grande l' Italia». ...E SU SALVINI Quanto a Salvini, che la Marini aveva detto di aver votato, la stima è confermata ma con qualche perplessità: «È una persona di spessore che si dedica a trovare soluzioni concrete», avverte la showgirl. «Ultimamente però ha fatto dei passi falsi e ha affrontato alcuni temi con troppa aggressività». Quanto a un suo impegno diretto in politica la Marini dice no, tenendosi tuttavia una porticina aperta: «In passato mi hanno chiesto di scendere in campo, ma la carriera politica è complicata, non è un gioco, devi studiare. In futuro chissà...». Intanto si dice pronta a imparare: «Se dovessi scegliere tra Conte, Salvini, Trump e Putin, andrei a cena con la Merkel. È una donna che regge benissimo il ruolo, la curiosità di conoscerla sarebbe enorme e avrebbe tanto da insegnarmi». Al momento però la Marini si dice concentrata sullo spettacolo: «Mi diverte molto questo ruolo di presidente», continua, «perché mi dà la possibilità di cantare, ballare, recitare, ma in una veste "istituzionale" del tutto nuova. E poi mi ha consentito di tornare a lavorare con Pingitore, un grande regista che ha battezzato il mio successo, e di fare ritorno al Salone Margherita, questo gioiello che ora rischia di essere venduto. Fare uno spettacolo qui rientra perciò in un' operazione culturale più ampia. E per la stessa ragione con Chiambretti, nel cui programma CR4 - La Repubblica delle donne sarò protagonista, stiamo lanciando un appello per salvare il Margherita». Monito al quale si unisce Pingitore: «Il Salone», ci spiega, «è di proprietà della Banca d' Italia, che lo ha messo in vendita per una cifra intorno ai 10 milioni. Al momento nessun acquirente si è fatto avanti, anche perché non si compra un teatro per speculazione: pur ipotizzando un utile annuo di 100mila euro, ci vorrebbe un secolo per recuperare l' investimento». Il timore è che l' eventuale acquirente lo compri ma per trasformarlo in un centro commerciale di lusso. «In teoria ciò è impossibile perché il teatro ha una destinazione d' uso di tipo artistico ed è tutelato dal ministero dei Beni culturali. Ma in Italia, si sa, le leggi sono fatte per essere reinterpretate». Da qui l' auspicio: «La cosa più giusta è che lo tenga l' attuale proprietà. Mi chiedo perché voglia venderlo. Dubito che con tutti i suoi soldi la Banca d' Italia abbia bisogno di far cassa». riproduzione riservata. di Gianluca Veneziani

Dai blog