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Lucio Battisti, Mogol: "La verità su lui e i comunisti"

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"Non ho mai sentito Lucio parlare di politica: semplicemente non scrivevamo canzoni per il comunismo. Però i dischi di Lucio vennero trovati nel covo delle Br: è un fatto storico": Mogol ricorda Battisti a pochi giorni da quello che sarebbe potuto essere il suo 80esimo compleanno. Il paroliere e produttore discografico, oggi nominato consulente per la cultura popolare dal ministro Sangiuliano, si è confessato in un'intervista al Corriere della Sera.

 

 

 

Riferendosi a un passo di "Una giornata uggiosa", quando il brano parla del rifiuto di "ideologie alla moda", Mogol ha spiegato: "Era una risposta al clima di allora. Uno come me rischiava... si sparava. Si arrivò a fare un processo pubblico a De Gregori, uno da pugno alzato, perché guadagnava facendo il cantante. Per evitare gli insulti consigliai a Lucio di non fare più concerti". Battisti forse lo prese un po' troppo sul serio: "Non tornò a esibirsi nemmeno quando il clima cambiò. Credo che capì, anche se non me lo ha mai confessato, che questo l’avrebbe reso un mito". 

 

 

 

Il paroliere, poi, ha fatto riferimento al fatto che alcune canzoni siano state interpretate in chiave politica, come “Il mio canto libero” e "La collina dei ciliegi", con il presunto rimando a una folla che fa il saluto romano: "Quelle braccia non erano un simbolo politico. Lo hanno detto anche per quelle della copertina di “Il mio canto libero”. Ma sono braccia con i palmi aperti come per un’invocazione al signore. Volevano darmi del fascista perché non facevo canzoni impegnate".

 

 

 

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