Cerca
Logo
Cerca
+

Sanremo 2023 stroncato dal figlio di Mogol: "Poca roba..."

Michele Focarete
  • a
  • a
  • a

C’era anche lui. Del resto ad un avvenimento come Sanremo, dove musica e testi della canzone italiana si confrontano per conquistare il podio, non poteva mancare Francesco Rapetti Mogol, 44 anni il prossimo giugno, figlio del più noto paroliere Giulio Rapetti Mogol e della scrittrice e pittrice Gabriella Marazzi. Era arrivato nella città dei fiori per presentare degli eventi, ma non ha potuto fare a meno di ascoltare i brani che hanno caratterizzato la 73ª edizione del Festival. E a lui abbiamo chiesto un parere. «Giusta la vittoria di Mengoni. Grande interpretazione, bella melodia, forse testo medio, ma verdetto corretto. Ok Colapesce e Dimartino, con una canzone che colpisce per il testo e per la musica pur non essendo volutamente moderna, ma che richiama la musica dei cantautori italiani anni 60-70. Ho trovato anche interessante il motivo degli Articolo 31, in particolare per il testo che risulta molto sincero e pieno di immagini».

Nient’altro? «Qualche spunto degno di nota a livello melodico per la canzone dei Colla zio, che in alcuni momenti riesce a trovare delle situazioni internazionali. Ma parliamo pur sempre di poca cosa... Mi ha deluso Grignani». Breve pausa e poi aggiunge: «Molto bello il monologo della Francini. Da vera fuoriclasse, sia per esecuzione sia per le riflessioni che ha aperto». A Sanremo Francesco è venuto anche per incontrare qualche big canoro al quale sottoporre i suoi brani. Del resto lui è iperattivo. Non sta mai fermo. Compone musica, conduce programmi tv e da quattro anni le semifinali del festival di Castrocaro. Ma scrive anche di finanza.

 

 

«Mi piacerebbe creare nuove canzoni con Tiziano Ferro. E ho già pronte musiche per Bocelli e il Volo. Poche cose per grandi artisti». L’ultimo suo lavoro importante: la musica di Ama di Eros Ramazzotti, trasmessa alla radio di 30 nazioni. «Da qualche anno - dice con un largo sorriso - mi faccio chiamare solo Francesco Rapetti. Mogol potrebbe crearmi delle agevolazioni e io voglio essere valutato per quello che sono. Ho sempre sentito la responsabilità del cognome che portavo e che mi ha condizionato in molte mie scelte». E aggiunge: «Con mio padre comunque ho un buon rapporto. Vado spesso a trovarlo in Umbria, nella sua grande villa in mezzo al nulla».

Francesco va orgoglioso anche della sua laurea con 110 e lode in Lettere Moderne e di aver scritto musica per Gianni Morandi, Dolcenera, Emy Stewart, Gabry Ponte, tanto per citare qualche nome. «Ma non seguo le orme di mio padre, perché non sono un paroliere. Certo, fin da piccolo cercavo di imitarlo e mi cimentavo con la scrittura di canzone e, modestamente, a soli 15 anni ho firmato Questo grande pasticcio, interpretata dal mitico Gianni Morandi e inserita nel disco L’amore ci cambia la vita».

 

 

 

 

E poi i ricordi. Tanti. «a 16, 17 anni, mi piaceva fare ascoltare a mio padre le mie composizioni, ma lui era perennemente indaffarato. Così, escogitai di sorprenderlo quando era nella vasca da bagno. Lì non ha potuto sfuggirmi e gli ho suonato con la chitarra alcuni mie pezzi». Ma ha indelebile il ricordo di Lucio Battisti. «Abitavamo a 100 metri dalla villa di Battisti, a Molteno, in Branza. Una volta, senza preavviso, andai a trovarlo. Era in casa con la moglie. Ero emozionato. Mi misero subito a mio agio. Mi accompagnarono persino a Milano con la loro enorme Mercedes Classe S. Ascoltavo musica della KC and Sunshine Band e lui, ad un certo punto, mi accennò un loro motivo. Conosceva tutto. Era davvero un grandissimo».

E quel Sanremo del 2008? «Fu una esperienza tragica. Da ragazzino avevo una discreta capacità compositiva, ma non avevo mai cantato in vita mia. Secondo mio padre, però, potevo partecipare a Sanremo. Era come dire a un giovane che tira calci a un pallone nel campo dell’oratorio, di esordire in Champions. Così, a 27 anni, ebbi una audizione con Pippo Baudo. La canzone era buona e il testo era di mio padre. Andai senza troppi patemi d’animo perché ero convinto di non farcela. Feci una discreta performance e mi presero. A quel punto mi sono bloccato. Ero andato in paranoia. La sera prima di cantare ho guardato la tv e l’idea di salire su quel palco seppure nella categoria giovani, mi atterriva. Ho cantato con la voce che non usciva. Fui eliminato subito, anche se la stampa mi diede sette. Da allora non ho più cantato». Ma qual è sogno nel cassetto di Francesco Rapetti? «Mi piacerebbe condurre il festival di Sanremo. Chissà, a volte i sogni si avverano». 

Dai blog