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Andrea Purgatori, Giordana: "Ci sentivamo pedinati, alcune stranezze..."

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Nel giorno del funerale, è il regista Marco Tullio Giordana a raccontare un Andrea Purgatori che pochi conoscono. I due, stando al regista, stavano progettando da tre anni un prodotto che doveva essere "un viaggio dalle origini secolari della mafia fino ai giorni nostri". Un progetto da svilupparsi "con una lunga serialità". Che ha "messo in allarme" reti e piattaforme interpellati. Tanto da fargli preferire di "rivolgersi alle sedi centrali". Che invece si mostrarono subito interessate.

 

 

Raggiunto da Repubblica, Giordana fornisce qualche dettaglio sul prodotto. Come il suo titolo. La serie inizialmente doveva chiamarsi La zona grigia. E dall’ipotesi di un "lungo film" i due hanno lavorato poi a "una miscela di finzione e indagine giornalistica". Su questo - spiega - Purgatori "era adattissimo grazie alla formidabile presenza scenica (faccia alla Dick Tracy, voce profonda e autorevole come quella di Sergio Zavoli)".

 

 

Tanti i sopralluoghi in Sicilia per raccogliere le numerose testimonianze di magistrati, giornalisti e investigatori. Qualcosa poi però cambiò tutto. "Cominciarono subito alcune stranezze. Intanto la sensazione di essere intercettati, addirittura seguiti. Si trattasse di me ci sarebbe da ridere, ma trattandosi di Purgatori e delle sue inchieste sempre fastidiose e rivelatrici (Da Ustica a Pecorelli, da Pasolini a Moro, da Giovanni Paolo I a Emanuela Orlandi, per non dire che di queste) l’ipotesi non era peregrina". A nulla sarebbero serviti gli incontri "segreti". "Anche vedendosi privatamente da me o nella sua nuova abitazione piena di piante e quadri o in qualche ristorante deciso all’ultimo, avvertivamo spesso una impalpabile sorveglianza, l’aggirarsi di figure strane". Entrambi risero della vicenda, convinti di dover portare a termine il loro lavoro.

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