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Sanremo, chi vota il sesto mandato per Amadeus

Pietro Senaldi
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La prima volta che ha detto che non avrebbe condotto l’edizione del Festival dell’anno successivo, Amadeus aveva il naso più corto di Brad Pitt. Nega che ti rinega, la protuberanza ha raggiunto le dimensioni attuali, impercettibilmente inferiori a quelle di Cyrano de Bergerac. Per questo non tutti hanno considerato chiusa la partita per il sesto mandato consecutivo, quando il padrone di Sanremo ha giurato al nostro inviato, Fabrizio Biasin, in conferenza stampa che, a edizione conclusa, domenica ufficializzerà quanto già comunicato ai vertici Rai, ovverosia che sente il bisogno di fermarsi. «Il Festival è una gioia immensa, ma devo pensare anche ad altro, qualora un giorno ci potessero essere idee nuove» ha chiarito il conduttore, rimescolando poi le carte con quel «non si tratta di bussare alla mia porta, che per la Rai resta sempre aperta, ho un rapporto bellissimo con tutti i vertici...».


«La tv pubblica saprà trovare un nuovo allenatore bravissimo» è stato l’augurio finale di Amadeus. Il punto è che a Viale Mazzini nessuno vuole neppure iniziare a cercarlo il sostituto e che, tra i papabili, nessuno vuole prendere l’eredità del signor cinque successi di fila. Dopo la cinquina vincente infatti, solo lui può fare tombola, chiunque altro è destinato alla sconfitta. Il signore del Festival è prigioniero del suo successo. La prima serata ha registrato il 65% di ascolti, con oltre dieci milioni e mezzo di persone davanti a Raiuno, battendo anche il record dello scorso anno, 62% alla prima serata e 63 di media. In cinque anni, Amadeus ha alzato di dieci punti lo share della gara canora rispetto al 2019, ultima edizione di Claudio Baglioni. Candidarsi a sostituirlo è un suicidio professionale. Ormai il conduttore ha messo su una macchina perfetta, che va avanti senza apparente sforzo. La sensazione di molti addetti ai lavori infatti è che a questo giro l’interessato si sia impegnato il giusto, nella speranza di non venir richiamato. E invece da lunedì avrà tutti alla porta.


D’altronde, cosa dovrebbero fare i vertici Rai? Il Festival è diventato una macchina da soldi grazie al quale la Da Prima tv pubblica campa sei mesi. Quest’anno la raccolta pubblicitaria ha registrato 60 milioni di euro. I capi di viale Mazzini sono tutti in scadenza, tra qualche mese, ma Sanremo è l’evento e la partita del 2025 va conclusa prima dell’estate. Al conduttore saranno fatti ponti d’oro. Il suo cachet attuale si aggira Amadeus è conduttore e direttore artistico del festival di Sanremo da cinque edizioni consecutive, dal 2020 al 2024 (LaPresse) intorno ai 600mila euro, la stessa somma dello scorso anno, ma c’è chi è pronto a scommettere che, pur di strappargli un sesto sì, l’emolumento potrebbe anche essere aumentato. Sarebbe comunque un investimento.

È la dittatura televisiva. Altro che Tele-Meloni o il Pd che fa il sit-in davanti alla sede della Rai malgrado nei tg la Schlein compaia più della premier e nei corridoi della tv pubblica ci sia un funzionario di centrodestra ogni otto dem. Amadeus è un cerchiobottista, canta “Bella Ciao” non perché ci creda ma perché sa benissimo che, se si rifiutasse, ne scaturirebbe una polemica che penalizzerebbe gli ascolti.

Poi però invita i trattori sul palco, perché per gli italiani il cibo resta una delle cose più importanti e chi fa in modo che ti arrivi in tavola non può avere torto. Avanti di questo passo, il signore di Sanremo rischia di regnare più di Sergio Mattarella, da nove anni al Quirinale, con licenza di aggiungerne cinque. L’interessato nega, ma anche l’inquilino del Colle ha sempre fatto sapere a tutti che non voleva sentire parlare di rinnovo e sognava la pensione, salvo farsi commuovere da tre quarti del Parlamento in ginocchio e accettare il sacrificio per evitare una figuraccia alla Repubblica.

Così, mutatis mutandis, potrebbe essere la parabola di Amadeus. Quando qualcuno vedrà una fotografia con i suoi smoking inscatolati e in viaggio verso Verona, avremo la prova che ce lo ritroveremo all’Ariston anche nel 2025. In fondo le condizioni di partenza sono le medesime. Lui è una garanzia, al massimo impegno nessuno può rinunciare e l’occasione di passare per salvatore della patria è irrinunciabile. Peraltro il centrodestra non si può permettere l’anno prossimo un crollo di ascolti a Sanremo.

Solo Amadeus può uccidere Amadeus, con un’edizione flop, che però vista la partenza non potrà essere questa. Per la concorrenza quest’uomo è diventato ormai più pericoloso del premierato della Meloni per il Pd: è lui il più indicato per un nuovo ventennio di regime; televisivo si intende. Di fronte al “no”, momentaneo, alla sesta edizione con il medesimo conduttore in plancia, la Rai si divide. La maggioranza non vuole farsene una ragione e spingerà per convincerlo. Le argomentazioni ci sono.

Lui fa il presentatore, l’azienda gli offre il massimo palcoscenico possibile, un assegno più che soddisfacente e l’incoronazione perpetua. Che senso ha rifiutare? Altri invece già starebbero pensando al piano “B”, anzi al piano “C”, la C di Cattelan, valente professionista e grande musicologo, già mattatore di X Factor prima che il talent perdesse il tocco magico ma con il difetto di non essere notissimo al grande pubblico e di non averlo mai gestito, mentre Amadeus con i suoi pacchi ogni sera mette d’accordo sei milioni di persone. Per uscire dalle pesti urge un emendamento cinese, come quello del leader Xi Jinping, che ha cambiato la Costituzione per garantirsi la presidenza a vita. Ecco, Sanremo andrebbe assegnato a vita ad Amadeus, eterno ma capace di parlare ai giovani, visto che l’80% di quelli che martedì guardavano la tv erano davanti al Festival. E poi, fra cent’anni, chiudiamolo. Anzi, facciamolo condurre dall’intelligenza artificiale. 

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