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Rocco Siffredi fa cilecca: Supersex, cos'è andato storto su Netflix

Giampiero De Chiara
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«È stato a Parigi che ho iniziato a chiedere dove si faceva il porno, ma mio fratello si incazzava. Io la prima volta questa domanda gliela feci a 13 anni, poi a 16 e poi ancora a Parigi. Finché un francese mi disse: qualche pornostar l’ho vista nei club per scambisti. Ma mi guardavano come un matto, perché all’epoca i pornodivi erano considerati degli scappati di casa, dei mezzi banditi...».

Così Rocco Siffredi, in una intervista, ricorda che cosa era il mondo del porno quando lui iniziò a frequentarlo (metà anni ottanta). Parole semplici che però definiscono perfettamente come era considerato quell’ambiente. Ed è anche una delle possibili chiavi di lettura che si colgono guardando Supersex, la serie di sette puntate sulla vita del pornodivo italiano, disponibile su Netflix. Una storia che parte dall’infanzia abruzzese del piccolo Rocco (nato e cresciuto ad Ortona) e che si conclude nel 2004, quando annunciò il suo primo addio alle scene hard. Storia che è diventata un evento mediatico fin da quando ne è stata annunciata la realizzazione. La macchina produttiva è colossale: sono stati infatti investiti 26 milioni di euro. È stata creata da una delle migliori sceneggiatrici italiana (Francesca Manieri) e ha come protagonista un big del cinema tricolore come Alessandro Borghi.

 

 

 

ECCEZIONE

Il problema è che con tanta carne al fuoco, tanto materiale da raccontare, il prodotto finale fa cilecca. Non riesce a trovare un equilibrio e una sintesi tra quello che vuole raccontare e la storia che viene rappresentata. È anche vero che non è mai stato facile trattare artisticamente una materia così delicata al cinema (in televisione soltanto Sky ha raccontato il mondo del porno nel 2009 con la dimenticabile miniserie sulla vita di Moana Pozzi). Con l’unica eccezione di Boogie Nights (1997), il film diretto da Paul Thomas Anderson con Burt Reynolds e Mark Whalberg, dove viene raccontata una star emergente dei film a luci rosse nella Los Angeles anni settanta. A Supersex manca proprio quell’approccio, quella visione e quel tocco d’autore che ha reso Boogie Nights un cult-movie.

Non mancano pregi come l’ottima fotografia, la regia (Matteo Rovere, Francesco Carrozzini e Francesca Mazzoleni) i costumi (non è ironico, ma anche l’ambientazione e la scelta delle location sono di livello) e le interpretazioni di Adriano Giannini come fratello di Rocco, o Jasmine Trinca (la cognata supersexy di Siffredi) e Vincenzo Nemolato (Riccardo Schicchi). Non convince, invece, la recitazione di Alessandro Borghi che in qualche momento sfiora la caricatura, soprattutto nelle scene simil-hard. Non basta rifare il famoso sorriso (canino) di Siffredi, per far si che l’interpretazione sia ottima. Più che altro la sua sembra essere una ottima imitazione di un personaggio che, invece, andava scavato a fondo e interpretato anche magari tradendolo. Ed è qui che si perde spesso il lavoro della serie che rimane nel guado, tra una voglia di sperimentazione e di ricerca d’autore e un prodotto che ricorda, paradossalmente, una delle tante fiction in onda su Rai Uno.

 

 

 

RAPPORTO CONFLITTUALE

Sono simili infatti la costruzione della sceneggiatura (l’infanzia difficile, il sentirsi incompreso, il rapporto conflittuale con la madre e quello inesistente con il padre) che fanno diventare un personaggio scomodo, malato (come ha ammesso lo stesso pornodivo) ed egoista, un piccolo eroe che cerca il riscatto personale e anche sociale in un mondo che è tutto tranne che paritario. Il tutto avvolto da una melassa di pseudo buonismo che non aiuta certo ad apprezzare il racconto. Ed è un vero peccato perché l’idea di raccontare un personaggio così controverso poteva essere molto interessante.

Pensate se la storia di Siffredi fosse finita nelle mani di Paolo Sorrentino o Matteo Garrone cosa sarebbe potuta diventare. Supersex però non è noioso, si lascia guardare ma non va a fondo del tema, rimane tutto in superficie. Gli aspetti glamour del mondo del porno ci sono tutti e sono anche la parte migliore. Manca invece l’incredibile rivoluzione che la figura di Rocco Siffredi ha apportato al mondo del porno. Quando cominciò Rocco i film a luci rosse si giravano su pellicola, con storie fittizie aderenti a una simil realtà e venivano distribuiti in cinema ad hoc. Rocco però è stato anche uno degli artefici del porno degli ultimi venti anni grazie all’avvento della rete. Una grande opportunità non sfruttata, proprio come è alla fine una serie come Supersex.

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