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È sempre Cartabianca, Mauro Corona: "Guerra? Una cosa infame, temo il peggio"

Roberto Tortora
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“Una terra promessa, un mondo diverso…” cantava Eros Ramazzotti, ma ora cambierebbe la frase in “una tregua promessa…” riferendosi al conflitto israelo-palestinese e a quel cessate il fuoco, almeno temporaneo, che sembrava cosa fatta tra Israele e Hamas e che, invece, è stato frenato da Netanyahu all’ultimo momento, puntando il dito contro il nemico che avrebbe cambiato gli accordi. Risultato? Un attacco nella notte a Rafah. È un tema di inevitabile attualità a “È Sempre Cartabianca”, programma di approfondimento politico condotto da Bianca Berlinguer, in onda ogni martedì in prima serata su Rete 4.

Ospite abituale, in collegamento, è lo scrittore e alpinista Mauro Corona, che non ha buoni presentimenti sugli sviluppi del conflitto: "A questo punto servirebbe uno stato palestinese. Ce n'è terra lì. Dividiamolo a metà. Uno Stato loro e lo Stato di Israele. Ma non credo che finirà bene, perché da quando è nato Cristo laggiù continuano a uccidersi. Lì uno dei due deve soccombere e l'altro se la godrà. È una cosa infame questa. Temo che la guerra in Medio Oriente non finirà bene".

 

 


Quanto alle proteste sempre più frequenti nelle università di tutto il mondo, dagli Stati Uniti alla Francia fino ai nostri atenei, lo scrittore Corona è favorevole, ma a patto che le rimostranze non arrechino danno: “Fossi uno studente protesterei anche io, alla faccia di quel che pensano i benpensanti. Non vorrei, però, che il pretesto di manifestare in favore della Palestina sottintenda qualche repressione degli studenti, animati da rissosità e voglia di far battaglia. Violenza non solo contro il prossimo, ma anche contro il patrimonio delle università”. Quanto, infine, alle dichiarazioni shock di Elise Stefanik, candidata alla Casa Bianca come vice di Trump, che ha ammesso nella sua autobiografia di aver sparato al cane di famiglia perché lo odiava e che anche in politica farebbe qualunque cosa pur di riuscire, Corona cita un episodio della sua famiglia: "Quando avevo nove anni, mio padre ha ucciso il nostro cane con il fucile. Era una mattina d'inverno e diceva che il cane era un buono a nulla come me. Abbiamo passato la giornata a piangere. È un dolore che ancora mi porto".

 

 

 

 

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