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Cinema, Nicolas Vaporidis: "Mi sono dimesso da attore"

Daniele Priori
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Nicolas Vaporidis è il protagonista del classicone d’inizio estate che ogni anno, proprio come l’esame di maturità e la canzone di Antonello Venditti, si ripropone pressoché automaticamente. Quella Notte prima degli esami, ormai diciotto anni fa, ha reso famoso e amatissimo al grande pubblico l’attore romano che oggi, dopo aver vinto l’Isola dei Famosi nel 2022, ha deciso di intraprendere come prima attività quella del ristoratore romano a Londra e da qualche mese anche a Milano. Del cinema parla ancora con amore. Della tv dove è stato protagonista più di recente dice: «Riflette solo quello che vuole raccontare, in genere una alterazione della realtà. La vita vera è per la strada, in mezzo alla gente non in una forma di immaginazione distorta». Del suo vero esame di fine liceo Vaporidis confessa di non avere particolari ricordi «a parte l’ansia che era a mille...» ma ci tiene a spiegare che la vera maturità l’ha raggiunta solo ora con la consapevolezza del fatto che la vita sa proporre tanti palcoscenici diversi anche se «in fondo, pensateci bene, pure il ristorante è un teatro dove si va in scena tutte le sere...e anche a pranzo».

Nicolas, che cosa hai portato della tua città alla corte di Sua Maestà oltre alla carbonara e all’amatriciana?
«Quelle sono il volano, gli strumenti con i quali cerchiamo di raccontare un po’ Roma e in particolare Trastevere perché è il luogo dove sono cresciuto, essendo nato a Monteverde Vecchio. Ho vissuto a Trastevere pomeriggi, serate, mattinate e, al di là del nome che mi rappresenta, è quella la zona di Roma che mi somiglia di più. Quella Roma che nel nostro ristorante passa attraverso il servizio che è un’attitudine, e non devi essere per forza romano per capirlo. La Roma di quelli che ti salutano, ti chiedono come stai, di gente che chiacchiera e ha voglia di sentire come stai. Londra è meno community rispetto a un quartiere come Trastevere. Quello è il nostro modo di raccontare Roma. Pur non essendo un’ambasciata romana ma solo un ristorante cerchiamo di spiegare molte cose e di farlo in un modo che sia il più possibile romantico e affascinante».

 



A tuo giudizio è più vicina Londra all’Europa, nonostante sia uscita dall’Unione europea, o l’Italia?
«L’Italia tutta non lo so, però posso dire che, imprenditorialmente parlando, avendo aperto la seconda Taverna Trastevere a Milano, è stato il mio modo di tornare in patria. Milano è una città oggi molto più vicina all’Europa di quanto non lo sia attualmente Londra. Sono arrivato a Londra per la per la prima volta 24 anni fa da quando avevo diciotto anni. Allora mi fermai a viverci per un anno. Lì ho avuto il primo vero approccio da solo con la vita, senza la famiglia, in una città straniera a cercare lavoro, aprire il mio primo conto in banca e firmare il mio primo contratto d’affitto. Credo che sia stata un’esperienza che mi ha fatto bene che oggi purtroppo i ragazzi europei non possono più fare a Londra per via della Brexit. Oggi puoi andare da turista. Si sono isolati. Hanno perso l’Europa e con essa tanta forza lavoro. Il sogno di Londra non esiste più. Ora stanno vivendo sulla loro pelle ciò che significa hard Brexit. Qualcosa che non è conveniente per nessuno. A Milano oggi sento un’energia anche più forte, decisamente più avanti di quella che c’è oggi a Londra che però c’era fino a 7/8 anni fa c’era anche lì mentre adesso si è fermata».

A proposito di sogni infranti... Cosa provi quando leggi articoli sul web che ti definiscono ex attore?
«Penso anzitutto che lasciare la professione dell’attore non sia come andare in pensione o smettere di fare altri mestieri. Detto ciò, oggi leggo tutto con un atteggiamento diverso rispetto a prima. Ho imparato a non dar troppo peso a tante cose. Da ragazzino avrei sempre voluto rispondere. Oggi ho imparato che non è per forza necessario dire la mia su tutto...».

Recentemente sei tornato anche sul set in un film brasiliano. Quindi in realtà davvero non si può dire che ti sia effettivamente “dimesso”...
«Quel film l’abbiamo girato un paio di anni fa in Brasile dove non ero mai stato prima. Si intitola Fino alla fine della musica. Quando capita qualche scrittura che mi piace, mi interessa e nella quale mi riconosco, metto in pausa le altre cose per un periodo e faccio quel che c’è da fare. Non posso che aggiungere dunque che la mia non è stata la decisione di una che ha mollato ma di una persona che ha fatto una scelta di continuità con la vita abbracciando il cambiamento in maniera positiva. Adesso inoltre ho imparato una cosa in più. La prima persona a dover essere soddisfatto sono io stesso...Quindi no, non mi sento affatto un ex attore ma sono felice di essere completamente me stesso: sono Nicolas che ha fatto l’attore per una parte della vita, periodo che ricordo con grandi sorrisi e ora sto facendo dell’altro e sono lo stesso molto contento. Tra l’altro ho trovato davvero enormi punti in comune, utili a entrambi i lavori, tra le cose che ho imparato studiando da attore...Credevo fossero diametralmente opposti, mi sbagliavo».

Quali sono?
«Anzitutto il concetto di intrattenimento. Prima lavoravo per intrattenere persone che scelgono di passare la serata con te e una tua proposta.
Certo, il cibo a ristorante è il protagonista ma la scenografia, le luci, la musica, la cortesia, il pensiero che tutti stiano bene e si divertendo è esattamente il tipo di disciplina che ho imparato a teatro. Un approccio che racconto anche ai ragazzi che lavorano con me. Spiego loro che durante la serata stanno performando».

Da cittadino di Monteverde Vecchio, è vero che Roma è la città degli attori?
«Io posso dire che nel mio quartiere ne ho sempre visti molti attori: Benigni, Nanni Moretti, Verdone. Paola Cortellesi abitava al numero 10 e io all’8 della stessa via. Vedevo Elio Germano, Renato Zero pure. Davvero tanti attori abitano a Monteverde Vecchio. Li vedevo in continuazione. Non dico tutti i giorni ma almeno un paio di volte a settimana capitava di incontrarli in motorino o a fare la spesa al forno di via Carini...».

Quanto conta la bellezza anche al maschile?
«La bellezza nel cinema è un concetto relativo. Essere piacevoli alla vista può aiutare ma se a quello non si accompagna il carisma c’è poca strada. Ci sono attori non così belli ma il loro carisma in scena li trasforma in supersex symbol. La bravura surclassa di molto la bellezza ed è riconosciuta universalmente».

A 42 anni ti piacerebbe avere un figlio?
«È un desiderio che ho. Vivo in una famiglia che cresce. Ho dei nipoti. Sono circondato da bambini e amici che hanno figli. Sono cose che vengono in modo naturale. Non lo sto programmando ma sarei ben felice di viverlo. E sono sicuro che farà parte della mia vita. Prima c’era quella forma di narcisismo che ti fa pensare sia tutto intorno a te».

Cosa consiglieresti ai ragazzi che stanno facendo ora la maturità... E cosa a quelli che vogliono fare gli attori?
«Ai maturandi di non studiare Leopardi che tanto è inutile (Ride) A quelli che vogliono fare l’attore che è un bellissimo viaggio introspettivo oltre che fisico. Ti porta da un’altra parte e ti fa fare cose che nessun altro lavoro ti chiederebbe. Chiunque è coinvolto nel mondo dell’arte è chiamato a lavorare su se stesso. L’artista è chiamato a confrontasi, a mascherarsi. C’è un bambino con cui giochi e cresce insieme a te. La maggior parte delle persone lo nascondono. Se uno arriva ad avere quella consapevolezza il viaggio diventa davvero bellissimo».

 

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