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Enza Sampò: "Protagonismo e aggressività, la tv di oggi non mi piace"

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Daniele Priori
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Alla tv di oggi, per fare davvero una telerivoluzione al femminile, servirebbe una formazione di “conduttrici- direttrici artistiche” pronte a dire la loro in maniera decisiva: da Sanremo alle altre trasmissioni. Parola di Enza Sampò, la conduttrice, giornalista, che col garbo che da sempre la contraddistingue, è riuscita a familiarizzare con tutti i tipi di telespettatori, creando un linguaggio universale capace di bucare lo schermo. È per questa ragione che Rai Contenuti Digitali e Transmediali insieme a Rai Teche l’hanno inserita nella docuserie 30x70 se dico donna... in onda ogni lunedì dal 16 settembre su RaiDue alle 9,55 e già disponibile su RaiPlay. Passando per prima nel ruolo di inviata della trasmissione Campanile e poi, nel 1960, di co-conduttrice del Festival di Sanremo compì i primi passi nella direzione della femminilizzazione del piccolo schermo.

Signora Sampò, quando è iniziata la sua carriera televisiva sentiva che stava facendo qualcosa di unico, diverso, inedito?
«Io non solo non me ne accorgevo. Mi sono sempre limitata ad essere semplicemente me stessa. L’unica cosa che posso dire, avendo frequentato in quel periodo un gruppo di persone molto avanti, moderne e brillanti, ho imparato a essere meno paludata a colmare le distanze fra una televisione che sebbene fosse considerata istituzionale e seria poteva essere anche brillante, non noiosa, non pedante e anche non necessariamente educativa nel senso scolastico. Questo a partire dal linguaggio che si faceva via via più empatico che autorevole, capace di arrivare più vicino al pubblico. Ma io, ripeto, per lo più di questo non mi rendevo conto. Era il mio modo di fare ma anche di vedere la televisione. Qualcosa che avevo appreso osservando Mike che, come scrisse Eco nella Fenomenologia di Mike Bongiorno, riusciva a interpretare meglio di chiunque altro le persone comuni».

 

 

 

Mike Bongiorno e Enzo Tortora sono stati tra i primi a credere in lei. Che ricordo ha di loro?
«Buonissimo. Ho avuto fortuna di trovare sempre colleghi maschi molto collaborativi che anzi mi incoraggiavano... Forse perché in quanto femmina non ero considerata un pericolo per loro. Chi lo sa? (Sorride). Battute a parte ricordo bene come sia Mike sia Tortora quasi insistevano affinché portassi avanti il mio lavoro con tranquillità, spingendomi anzi ad essere anche sempre più presente».

Lei è stata anche tra le prime donne che con molto garbo raccontò in tv l’intimità delle persone. Tanto che Io confesso, quando eravamo già negli anni 80, non ebbe una seconda stagione perché considerato addirittura “morboso”! Fa un po’ sorridere vedendo come la tv poi è evoluta...
«Non so in realtà se sia stato interrotto per quella ragione. Di certo però ricordo che fui io per prima a non volerlo fare più perché mi metteva molta ansia. Era tutto così ovattato e segreto al punto che quasi non sapevi mai chi avessi davvero davanti. A volte venivano per raccontare una situazione, una storia e ti accorgevi nel mentre che in realtà c’era dietro qualcos’altro. Tanto che fu molto apprezzato dagli intellettuali perché più che una semplice intervista era un vero e proprio racconto dal quale si doveva far venir fuori ciò che c’era oltre quello che in realtà erano venuti a dire. C’era un qualcosa di letterario. Infatti proprio gli scrittori Fruttero e Lucentini parlarono in un articolo del “fenomeno Io confesso”. Sicuramente con la tv di oggi non si può fare nemmeno il paragone. Lì arrivavano persone a raccontare di nascosto, col volto oscurato quello che adesso si racconta aviso aperto e anche con molto esibizionismo. Storie di omosessualità, tradimenti... Ma una volta venne anche un terrorista verde che raccontò come avesse liberato i visoni nel norditalia o un ragazzo che confessò di aver inviato un suo racconto a una rivista firmandolo con il nome di uno scrittore noto. Fu un modo per fare anche le pulci al mondo letterario. Passò davvero di tutto in quel programma».

A proposito di storie pruriginose. Da conduttrice come avrebbe affrontato - se avesse dovuto affrontarla - una intervista con i due protagonisti del momento: l’ex ministro Sangiuliano e la signora Boccia?
«Francamente non sarei stata affatto interessata a intervistarla. Oppure, se lo avessi fatto, avrei mantenuto il massimo distacco per non farmi in alcun modo coinvolgere».

Lei è stata spesso accostata alla RaiDue socialista, craxiana degli anni 80. Ma secondo lei era più libera quella Rai comunemente definita “lottizzata” o, come la chiamano oggi, la Rai-TeleMeloni governata dalla destra?
«Di oggi non ho ancora avuto il tempo di rendermene conto. Guardo pochissimo i programmi serali perché vado a letto molto presto. Sono per lo più una spettatrice del day-time. Di certo ai tempi di Craxi e della Prima Repubblica c’erano tanti inserimenti. Io mi sono vista tante volte scavalcata da ragazze protette per motivi politici o di lenzuola...».

Silvio Berlusconi e la Fininvest negli anni 80 non l’hanno mai tentata?
«No perché credo non fossi una figura adatta alla televisione commerciale. Anche se in realtà qualche anno dopo, forse pensando proprio a Io confesso mi proposero uno di quei programmi che andavano di moda all’epoca sulla macchina della verità da mandare su Rete 4 ma non accettai».

 

 

 

Quali tra le conduttrici di oggi sono quelle in cui vede una somiglianza con lei?
«Non lo so. È difficile fare paragoni. Sicuramente conduttrici brave ce ne sono ma a volte cercando il ritmo tendono a strafare, parlando troppo e eccedendo nel protagonismo al punto di oscurare i loro stessi ospiti. Il nostro segreto è la capacità di saper ascoltare più che parlare. In questo era bravo Costanzo che aveva ottime capacità d’ascolto».

Una conduttrice che lavora molto in sottrazione è Maria De Filippi, non trova?
«La De Filippi è molto di più di una conduttrice. E la mente creativa della tv. Ecco, lei è un vero direttore artistico ma anche una imprenditrice della televisione. E sicuramente la figura più completa nel panorama televisivo attuale. La stimo molto anche se a fianco a programmi di qualità nei quali c’è spazio per l’ascolto e il talento come C’è posta per Te e Amici, ce ne sono altri che mi piacciono meno. In ogni caso sono premiati dai dati d’ascolto e piacciono molto alla gente. Ha intercettato un gusto e giustamente lo asseconda».

Una sua collega da cui, invece, sente di essere più distante?
«Francesca Fagnani. Come intervistatrice la trovo troppo aggressiva per i miei gusti. Io non sono stata mai aggressiva perché ho sempre pensato che la risposta a una domanda aggressiva può non essere la verità. La verità te la regalano sempre. Il bravo intervistatore per tirare fuori la verità, uso una parola forse esagerata, deve essere maieutico».

Un augurio e una speranza per i prossimi 70 anni di televisione?
«Mi auguro che sia al passo con il Paese cercando di migliorarlo. Non credo alla tv necessariamente educativa di un tempo. L’imbarbarimento di alcune trasmissioni, però, penso abbia contribuito a peggiorare il pubblico. La nostra tv, forse, era meno democratica nel senso che magari non avevano accesso personaggi volgari, esecrabili. Oggi, invce, che ormai si dà spazio a tutti, la prospettiva sta diventando rischiosa».

 

 

 

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