"Ho sempre rifiutato l'idea del cantante engagé". A dirlo è Riccardo Cocciante. L'artista non usa troppi giri di parole: "Avevo le mie idee, ma mi sembrava sbagliato esprimerle pubblicamente. Una scelta che ho pagato perché c’è stato un tempo in cui non schierarsi politicamente equivaleva ed essere considerati di destra. Al Festival dell’Unità, per dire, non ero benvenuto".
Raggiunto dal Messaggero, il cantante fuggito dal Vietnam comunista con la sua famiglia quando era bambino, racconta dei pregiudizi che ha dovuto subire. I giornalisti ad esempio "tendevano a estromettermi, a non nominarmi, a far finta che non esistessi. All’epoca mi arrabbiavo, oggi li ringrazio. Quel pregiudizio mi ha aiutato a essere come sono: fuori da qualsiasi corrente, con i miei pregi e i miei difetti, con la mia personalità. Se fai musica devi essere libero, altrimenti tanto vale lavorare in un ministero".
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...Incalzato sul fatto se fosse o meno un cantante di destra, Cocciante parla di "follia. Io ovviamente non cantavo né per la destra né per la sinistra, ma gli anni 70 sono stati molto duri e qualcuno mi associò alla destra senza una vera ragione. E lo stesso era capitato a Battisti, che come mi disse anche Mogol era totalmente disinteressato alla politica". Cos'era dunque? Semplice: "Un cantante allegorico e sentimentale, ma non romantico. Una definizione che non mi è mai piaciuta perché il romanticismo è lezioso e ha un colore, il rosa, che non è il mio. Io non sono rosa. Sono nero, sono rosso, sono giallo, ma non rosa. Le mie canzoni sono aspre, rocciose, persino violente. Mai melense però".